Archive for the ‘Urbanistica’ Category

Sassolini

E’ abitudine, ad ogni inizio d’anno, fare alcuni buoni propositi. Io ne approfitterò invece per fare qualche riflessione sparsa, delle molte che si sono accumulate durante il 2012, e togliermi qualche sassolino dalla scarpa dando anche – si, salgo in cattedra, ohibò – qualche voto alla maniera di Gianni Mura (che, clemente, mi perdonerà).

Sassolino 1: E così alla fine Lorenzo Guerini si candida. Conosco Lorenzo da molti anni, fin da quando era un giovane Assessore democristiano nella Giunta Magrini. In qualche modo è stato, almeno localmente, l’ultimo prodotto di qualità dei quel grande vivaio politico che era la D.C. Ci ho avuto a che fare spesso in ambiti politici diversi e, pur nella forte diversità d’opinioni, devo dire che ne ho stima. Ho avuto modo di apprezzarne le capacità e l’indubbia intelligenza ed anche qualità umane di pregio. Per questo mi sento di dire che la scelta di candidarsi alle politiche sia sbagliata e costituisca un neo in un percorso che fino ad ora aveva avuto una sua coerenza. Scelta comprensibile, dal suo punto di vista e sul piano delle legittime aspirazioni di chi ha deciso di pensare alla politica come professione, ma incoerente con la decisione di candidarsi per la seconda volta a Sindaco di Lodi, con l’impegno che si è assunto di fronte agli elettori lodigiani e con le dichiarazioni fatte non più tardi di qualche mese fa. La politica, se la si intende come servizio, non è un tram in cui si decide a quale fermata scendere e l’impegno ad amministrare una città, seppur piccola come la nostra, è un contratto da onorare fino alla scadenza. Incoerente. Voto 5

Sassolino 2: Si sono finalmente conclusi i lavori di sistemazione di Via Fanfulla e delle zone limitrofe riconsegnandoci vie in cui i marciapiedi sono scomparsi e però, in compenso, è apparso un bel limite di velocità di 20 all’ora, riccamente segnalato attraverso ridondanti (e un po’ kitsch) decorazioni in porfido ( e quando il limite cambierà cosa succederà? Si rifarà la pavimentazione in porfido?). Il Comune di Lodi, in uno scoppiettante Comunicato stampa, ci fa sapere che è una ” Zona 20 ” a precedenza pedonale e che tutto è stato fatto per ” migliorare significativamente la qualità della vita per i residenti dell’area  nonché la fruibilità da parte di ogni altro frequentatore”  e ” per accrescere la percezione degli utenti di trovarsi in un’area in cui le automobili non sono più il soggetto principale della strada”. Sarà, ma per me è una gran minchiata. Lo dico da pedone che ogni giorno per recarsi al lavoro percorre più volte quelle vie che, come sa chiunque le frequenti,  sono strette, trafficate  e pericolose: la presenza di marciapiedi era l’unica piccola salvaguardia esistente per i pedoni, utenza debole per eccellenza. La prossima volta che costretto dalle chicane, evidentemente immaginate in un delirio nottuno dai nostri amministratori,  camminerò in mezzo alla strada e sarò in procinto di essere investito da un SUV,  proverò a fermare il SUV suddetto ed a ricordargli che ” pedoni, ciclisti e utenti deboli hanno la precedenza sul traffico veicolare, grazie ad una adeguata conformazione della carreggiata, degli spazi di sosta e dell’arredo urbano, mirata al controllo della velocità dei veicoli motorizzati “. Non so se sarò qui a raccontarvi cosa succederà poi. Velleitario e pericoloso. Voto 3 ( e, a proposito di Moral Suasion, vi rimando a Nanni Moretti)

Sassolini 3 e 4: Dato che la questione ha a che fare con il lavoro che svolgo ne parlerò solo marginalmente e senza entrare nel merito (cosa, peraltro, su cui avrei molto da dire). Apprendo che il Comune di Lodi per l’inaugurazione della nuova Biblioteca Comunale ha invitato il Ministro ai Beni Culturali Ornaghi. Complimenti per la scelta. Il Ministro Ornaghi passerà alla storia come uno dei peggiori che il nostro paese abbia avuto. Inutile, totalmente indifferente alle sorti del patrimonio del nostro paese, sarà ricordato solo per la nomina “politicamente clientelare” di Giovanna Melandri al Maxxi di Roma. Per un giudizio più esteso vi rimando all’articolo de “Il Fatto Quotidiano“. Mi limiterò a dire che è un po’ come se il mostro di Firenze fosse stato invitato ad un convegno di ginecologia. Quarto e ultimo sassolino: a qualche passo dalla Biblioteca c’è la Cavallerizza che da oltre vent’anni e passando attraverso la continuità di ben quattro amministrazioni di Centro-Sinistra attende di diventare sede del Museo Cittadino. Una vicenda intricata, costellata da errori amministrativi e questioni giudiziarie, con il risultato che da tempo ciò che era custodito dal vecchio Museo (una volta ospitato nel Palazzo dei Filippini insieme alla Biblioteca) è nascosto ed inaccessibile e Lodi non ha più, da tempo, una struttura museale. Un vero e proprio scandalo, sia per le risorse economiche gettate al vento, sia perchè sminuisce le potenzialità in ambito culturale della nostra città. Forse il Ministro Ornaghi dovrebbe essere portato, visto che è a pochissimi passi, a fare un giro anche lì e forse l’attivissimo Assessore alla Cultura del Comune di Lodi, tra un festival e l’altro, dovrebbe occuparsi di queste quisquiglie e pinzillacchere. Presumiamo invece che, dopo i discorsi di rito e la prosopopea inaugurale, accompagnerà il Ministro al buffet che forse è il luogo (culturale, se vogliamo) che Ornaghi più ha frequentato in questi ultimi mesi e che, a ben guardare, più gli si addice. Evasivo e superficiale (L’Assessore). Voto 3 Inutile (Il Ministro) Voto 0

Avviso ai naviganti: Domenica 23 tutti a Villa Bianchi

A dar retta a quanto pubblicato da “il Cittadino” di oggi qualche piccolo spiraglio, nella vicenda di Villa Bianchi, sembra aprirsi. L’articolo di Cristina Vercellone racconta di una disponibilità della proprietà, espressa dal suo legale Avv. Cornalba, peraltro in termini molto ambigui (si parla di arretramento dell’edificio previsto ed addirittura di realizzazione di un nuovo piano), a ragionare sulla vicenda anche in termini di scambio di aree e rifrisce  di una volontà a prendere in considerazione tale possibilità da parte dell’Assessore Uggetti. Quanto questa disponibilità sia reale e quali conseguenze possa comportare (anche in termini di impatto possibile su altre aree) lo vedremo. Ciò che è certo è che, stante gli strumenti urbanistici vigenti, quella del trasferimento della volumetria attualmente in diritto della proprietà è una delle strade percorribili ed anche che il Comune di Lodi non può chiamarsi fuori dal conflitto e deve rendersi protagonista attivo nel trovare una soluzione che salvaguardi la Villa. Non solo perchè titolare della procedura in corso, ma anche perchè tocca all’Ente rispondere alle ormai numerose richieste di salvaguardia facendole proprie e ponendo rimedio ad un problema di cui, non va dimenticato, è all’origine. Vale infatti la pena di ricordare che il progetto in discussione è possibile solo perchè c’è stata l’approvazione di un’osservazione della proprietà attuale che, al momento dell’approvazione nel 2010 del PGT, ha reso “edificabile” l’area verde che circonda la villa. 

L’articolo riporta anche una dichiarazione del Capo Delegazione del F.A.I. di Lodi che aupicando anch’essa la soluzione di uno scambio d’aree riesce però ad affermare che il progetto attuale “…non sembra così disprezzabile...”. Che dire? Un’affermazione contradditoria, ambigua e priva di senso. Va ribadito: la realizzazione del progetto attuale, od il semplice scostamento di qualche metro del nuovo edificio, rimanendo nell’ambito del perimetro sarebbe una iattura. Chi dice il contrario dovrebbe forse riflettere di più e si prende una non piccola responsabilità nei confronti dell’opinione pubblica.

Detto ciò il post vuole invitare tutti coloro che hanno a cuore Villa Bianchi ed il suo destino ad essere presenti Domenica 23 alle ore 10.00 di fonte alla Villa. Una troupe della R.A.I. girerà un servizio su quanto sta avvenendo. E’ un momento importante per dare visibilità alle posizioni di chi vuole tutelare la Villa. Una presenza numerosa aiuterebbe a testimoniare un interesse attivo      

Una proposta interessante. La colpevole inerzia del Comune di Lodi

Pubblico uno stimolante contributo, firmato dall’Ing. Moro (già dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune di Lodi). L’idea, oltre ad essere estremamente interessante, e per me condivisibile, testimonia anche dell’inerzia delle istituzioni locali in merito a Villa Bianchi. Non solo, come ricorda l’Ing. Moro, è trascorso molto tempo durante il quale le istituzioni hanno assistito inerti e senza avviare nessuna efficace azione di tutela al degrado dell’edificio ma, al contrario, l’unico atto assunto dall’Amministrazione Comunale in carica è stato l’accoglimento di un’osservazione al Piano di Governo del territorio, presentata il 16/6/2010 dalla società “Forum srl” (la stessa che ha presentato il progetto ora in discussione), che di fatto ha creato i presupposti per rendere possibile e legittimo quanto ora viene proposto.

Da “Il Cittadino” del 14 Settembre 2012

Riapro un vecchio computer e ritrovo questa lettera inviata al nostro amato giornale.

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Lodi, 15 settembre 2001
Transitando alcuni giorni or sono in Viale Milano ho visto il cartello “vendesi” sulla villetta antistante il Tribunale, che, a mio giudizio, costituisce forse il migliore esempio di architettura razionalista, esistente in Lodi.
È opera, progettata credo attorno al 1934-1935 dall’Ing. Pietro Grignani, fino a qualche anno fa notissimo tecnico lodigiano, che spero non sia stato dimenticato. A lui si devono, fra l’altro, le scuole professionali presso il ponte dell’Adda (oggi media Barzaghi), la scuola media Ada Negri (in collaborazione con l’Arch. Muzio), il demolito teatro Gaffurio in Viale IV Novembre. Opere tutte, tuttavia, che a mio parere non raggiungono la chiarezza progettuale della villetta di Viale Milano, idonea a rappresentare con la massima dignità anche Lodi nel panorama dell’architettura europea fra le due guerre mondiali. Sarebbe, pertanto, una grande perdita per la storia architettonico – urbanistica di Lodi, se tale edificio venisse alterato, o peggio ancora demolito, da un suo eventuale nuovo proprietario.
Ed allora ecco il mio appello-proposta: perché non acquistarlo da parte di un ente pubblico (il Comune, la Provincia?), restaurarlo fedelmente, e destinarlo a sede di un Museo d’Arte Moderna del Lodigiano, fino ad oggi inesistente, se non nei ripostigli di qualche municipio o pinacoteca? Il Museo potrebbe costituire il primo tassello per la sistemazione urbanistica di tutta la zona di Porta Milano, che la Giunta Municipale aveva annunciato voler fare oggetto di un concorso di idee, del quale, però, si sono perse le tracce.
“Lodi deve volare alto e pensare in grande”, scrive il dott. De Carli su “Il Cittadino” di sabato 15 settembre; ecco, questo potrebbe essere almeno un “voletto” non insignificante.

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Sono passati undici anni.
La “casa Bianchi” è ancora di attualità, soprattutto per le polemiche che sta suscitando il progetto di “recupero” (a proposito, un appunto per l’architetto progettista: la villa non è mai stata bianca, ma colorata come attualmente!!).
Da allora Lodi in qualche episodio ha “volato alto” (Passeggio, Lungo Fiume); non certo adesso che si viaggia radenti il suolo.
Purtroppo più alto ancora ha “volato” il dottor De Carli. Così come fra poco volerà via la provincia. Del concorso di idee su Porta Milano, la Giunta Municipale si è del tutto dimenticata, ammesso che abbia ancora un senso dopo il “pasticcio” dell’ex distributore Agip.
A dispetto di tutto, ripropongo il mio appello-proposta di allora. Una unità di intenti fra pubblico e privato potrebbe tentare di attuarlo.

 

Villa Bianchi: ce la possiamo fare

Credo sia utile provare a fare il punto sulla vicenda di Villa Bianchi di cui, sull’onda dello sconcerto provato di fronte al progetto presentato dalla proprietà, si è recentemente occupato questo blog promuovendo una raccolta di firme a tutela dell’edificio progettato dall’Ing. Grignani. La petizione, dettata più da un impulso del cuore che da una reazione meditata, ha avuto un effetto che è andato ben al di là di quelle che potevano essere le aspettative iniziali ed ha evidenziato una sensibilità, sull’argomento, niente affatto scontata.

Ad oggi la petizione ha raccolto circa 120 firme, di cui alcune decisamente illustri. La prima tranche di firme è già stata spedita al Sindaco ed alla Giunta Comunale, ai capogruppo consiliari ed ai membri della Commmissione comunale paesistica (che sul progetto dovrà esprimersi). La consegna delle firme è stata accompagnata da una lettera che recitava così “… alla luce di ciò vi chiediamo di bloccare la realizzazione del progetto attualmente in iter, perché incompatibile con la tutela respingendo ogni ipotesi di realizzazione di manufatti nell’area della villa, avviando un confronto con la proprietà al fine di mettere in primo piano la salvaguardia e la conservazione dell’edificio e facendovi promotori di un vincolo di conservazione sulla stessa…”. Alla raccolta firme si sono anche affiancate alcune iniziative, significativamente trasversali, nate in ambito politico: una interrogazione a firma del Consigliere del centro-Destra Vittorio Sala ed un’iniziativa di “Prossima Lodi” (gruppo che fa capo al P.D.) che riporto in calce e che preannuncia alcuni passi importanti. Elementi emblematici che si aggiungono alle richieste di tutela da tempo avanzate da importanti associazioni (Touring club, Italia Nostra, Società storica, ecc.) e  fanno sperare che il destino della Villa possa non essere segnato come solo si temeva due settimane fa. Molto, anzi tutto, dipenderà dal Comune di Lodi, dalla sua sensibilità alla salvaguardia del patrimonio storico ed architettonico cittadino (qualità che, fino ad ora, non ha dimostrato possedere in abbondanza), dalla sua permeabilità ad una sensibilità apparsa diffusa in città ed agli illustri appelli che sono fioccati da più parti, dalla sua disponibilità a mettersi in gioco e di prospettare uscite concrete dal cul de sac in cui con le sue stesse mani, approvando un’osservazione collaterale al P.G.T che ha creato i presupposti per rendere possibile la presentazione dui un progetto come quello in discussione, si è andato a cacciare. Le prossime settimane ci diranno se il Comune ha la forza politica sufficiente per ritornare sui suoi passi e salvare Villa Bianchi.

Nel frattempo rivolgo un’appello a tutti coloro che leggono il blog perchè firmino, se non l’hanno ancora fatto, e facciano firmare la petizione (trovate l’accesso a fianco). Sarebbe importante che prima della riunione della Commissione paesistica, prevista per il 18/9, riuscissimo a consegnare in Comune quante più firme possibili. Segnalo anche che è possibile segnalare “Villa Bianchi” sul sito del F.A.I.  “Luogo del cuore” http://www.iluoghidelcuore.it/villa-bianchi

Il Comunicato stampa di ” Prossima Lodi”

Patrimonio storico in pericolo? Prossima Lodi si mobilita per la cultura e si rivolge alMinistero e alla Giunta Guerini

La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale deve costituire un elemento fondamentale dell’azione amministrativa del Comune di Lodi e per questo non possiamo continuare ad abbandonare al proprio destino gli edifici che hanno fatto la storia, anche recente, della nostra città.
ProssimaLodi si mobilita in difesa di Villa Bianchi, uno dei più importanti esempi di architettura razionalista presente sul territorio, da troppi anni in condizionidi degrado e che oggi è sotto la minaccia di un intervento edilizio che rischia di cancellare definitivamente le caratteristiche dell’edificio e del giardino.
Già molti cittadini ed autorevoli organismi ed associazioni culturali – da Italia Nostra alla Consulta Regionale degli architetti della Lombardia, dal Touring Club Italianoall’Istituto Nazionale di Urbanistica – hanno più volte lanciato appelli in difesa di questa architettura del Movimento Moderno. Appelli che sono finora rimasti inascoltati da tutti gli enti competenti, locali e centrali.
“Neiprossimi giorni, – dichiara Giorgio Daccò del Partito Democratico – in qualità diconsigliere comunale presenterò una richiesta formale, con una istanza diverifica dell’interesse culturale, ai sensi dell’art. 12 del Codice dei beniculturali e del paesaggio, rivolgendomi alle sedi opportune: Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione regionale per i beni culturali paesaggistici della Lombardia e Soprintendenza”.
Contemporaneamenteed in attesa del termine dell’istruttoria – che è certo e fissato per legge – ProssimaLodi chiede alla Giunta Guerini un impegno concreto sulla vicenda al fine di garantire un interesse pubblico reale: la piena tutela e valorizzazione di un patrimonio architettonico culturale che appartiene alla storia dell’intera comunità lodigiana. Esistono strade percorribile anche applicando le attualinorme del PGT, per recuperare l’edificio senza nulla togliere all’operatore privato. Finalmente, dopo anni di grave abbandono, oggi c’è un interlocutore unico con cui confrontarsi e che ha dichiarato la sua disponibilità adintervenire. E’ quindi nell’interesse dell’intera città trovare una soluzione capace di garantire la piena sostenibilità del progetto sotto tutti i profili,con criteri appropriati e rispondenti ai valori culturali presenti.
Nelfrattempo, oltre ad invitare tutti i lodigiani che hanno cuore le sorti dellacultura materiale e storica della città a sottoscrivere l’appello on-line (http://www.petizionionline.it/petizione/salviamo-e-tuteliamo-villa-bianchi-a-lodi/7804), Prossima Lodi ha anche lanciato un SOS a Do.Co.Mo.Mo., l’associazione internazionale per la documentazione e la conservazione degliedifici e dei complessi urbani del Movimento Moderno.       

Villa Bianchi: fermatevi prima che sia troppo tardi

Giusto per spazzare via i dubbi sull’importanza di Villa Bianchi e sulla qualità intrinseca dell’edificio e rivolgendomi in particolar modo ai membri della Commissione paesistica, affinchè non si prendano la grave responsabilità di autorizzare un progetto devastante unicamente in base a dei dettagli ( il colore da impiegare in fase di restauro) riporterò (nella quasi totalità) un articolo su Villa Bianchi apparso sul numero di Maggio 2012 della rivista ‘Ananke, quadrimestrale di cultura, storia e tecniche della conservazione per il progetto. ‘Ananke è una delle più importanti riviste che si occupano di pratiche del restauro ed è diretta da Marco Dezzi Bardeschi che è tra i massimi teorici del restauro architettonico. I saggi pubblicati sono rivisti da referee facenti parte di un Comitato scientifico internazionale (di cui fanno parte tra gli altri Philippe Daverio, Salvatore Settis, Carlo Sini).

L’articolo, dal titolo “Patrimonio moderno a rischio. Villa Bianchi a Lodi” è a firma di Giulia Paone, la foto a corredo dell’articolo è di Arianna Angeloni

Chi ogni giorno a Lodi percorre Viale Milano nota sulla circonvallazione all’ingresso del centro storico, proprio ai bordi  della strada, un grande cubo ingrigito dal tempo, soffocato da un groviglio di vegetazione. Per i più distratti è solo un edificio abbandonato ormai da decenni, segnalato di tanto in tanto dalle cronache locali come vittima dell’ennesimo atto vandalico che ne manomette, complice l’assoluta mancanza di manutenzione, la consistenza materica. Per molti altri è la nota Villa Bianchi, capolavoro dell’architettura razionalista lodigiana del terzo decennio del Novecento, appartenente a una stagione di ricerca sperimentale che ha regalato significativi contributi al rinnovamento architettonico della città. Il progetto è firmato dall’ingegnere Pietro Grignani (1906-1988) personalità sensibile al dibattito architettonico di quegli anni (in particolare quello europeo) formatosi al Politecnico di Milano e poi maturato nelle esperienze professionali con grandi Maestri, primo tra tutti Giovanni Muzio, di cui Grignani è stato amico e collaboratore. Lodi nel ventennio è una città che, come tante altre in Italia, vive la contraddizione di una ricerca progettuale che oscilla tra avanguardia razionalista e monumentalismo accademico. In questo contesto Grignani trova il proprio ruolo nell’impegno sociale del progetto, proseguito anche nel dopoguerra con la realizzazione di numerose opere pubbliche e con l’esperienza di assessore comunale (dal 1951 al 1957) negli anni della ricostruzione. I familiari lo raccontano come una “personalità dall’animo semplice, stimato per la sua assoluta integrità morale, ricordato per i suoi ideali di giustizia sociale, causa anche di un provvedimento disciplinare da parte del Regime”. A Lodi e dintorni, tra le sue realizzazioni più significative, ci resta l’Istituto Lodigiano Scuole Professionali (1939), la colonia Elioterapica di Boffalora d’Adda (1941), la scuola Santa Francesca Cabrini (1949/51) e la sede della Croce Rossa Italiana.

Ma è soprattutto nella committenza privata che Grignani sperimenta il proprio stile libero. E in particolare nel progetto di Villa Bianchi (1933), che rimane la realizzazione più originale dei suoi primi anni di attività. E’ un’abitazione unifamiliare immersa in un giardino all’interno di un lotto triangolare, con il piano terra, con accesso indipendente, riservato al personale di servizio, e con il primo piano destinato alla residenza della famiglia, raggiungibile da un’ampia scala esterna. Tutti gli spazi sono organizzati con grande sapienza compositiva attorno ad una seconda scala interna, che conduce alla copertura terrazzata, ritmata da un porticato con pilastri in c.a. Il progetto è raffinato, oltre che nel rigore delle linee e dei volumi puri, soprattutto per alcuni piccoli accorgimenti (…). L’edificio è stato completato solo alla fine degli anni ’30 e ha poi subito alcune piccole modifiche negli anni ’70. E’ stato però il precoce abbandono, dovuto ad un contenzioso tra gli eredi, a mettere in crisi il raffinato documento del Moderno. Forti oggi sono i segni di degrado negli intonaci esterni, nei serramenti e nei pavimenti in corro, mentre le strutture in calcestruzzo armato e i tamponamenti in laterizio sono in buone condizioni.

Malgrado le precarie condizioni attuali, la Villa comunica ancora tutta la sua delicata originalità. Il rischio più serio che corre  questo elegante testimone materiale del Moderno Lodigiano è che sia pretestualmente manomesso e “corretto” in nome del falso recupero di un’immagine “originaria” che potrebbe anche non essere mai appartenuta all’edificio progettato e realizzato da Grignani. Quello del restauro del Moderno è ancora un settore che, ignorando l’autenticità (e l’irriproducibilità) della materia dell’opera, anzichè impegnarsi nella conservazione del patrimonio esistente, può condurre ad inseguire l’ipocrisia del ritorno ad un presunto archetipo in immagine, accettando solo superfici candide ed immacolate. (…) Nella giusta direzione di garantire “l’integrità paesistica e urbanistica, come espressione di un’esigenza di qualità”, sembrano muoversi le congiunte iniziativa ad oggi avviate dall’Ordine degli Architetti di Lodi, da Italia Nostra, dalla Società Storica Lodigiana e dalla stessa famiglia Grignani, che reclamano per Villa Bianchi il provvedimento urgente del vincolo della Sovrintendenza: “la volontà dell’attuale proprietà di procedere nel progetto di ampliamento costituisce un motivo di urgenza in quanto configura il concreto rischio di una perdita irrimediabile di un Bene che ha requisiti di indubbia culturalità”. La rivista ‘Ananke si unisce all’appello per sollecitare l’immediata applicazione di un efficace strumento di tutela per evitare che Villa Bianchi diventi vittima di un restyling stilistico che la trasformi in un inquietante e grottesco simulacro di se stessa. La cultura italiana non può perdere per distrazione quest’opera-simbolo, che rappresenta un essenziale documento del razionalismo ed il significativo anello di congiunzione con altre opere del suo Autore ancora presenti sulla scena dell’edilizia sociale della città. 

  

  

Chi semina strade raccoglie traffico

“Chi semina strade raccoglie traffico” non è solo un bel titolo mutuato, pari pari, da uno slogan del Comitato No Tem-Si Metrò ma una profonda verità, facile da constatare per ognuno nella propria realtà quotidiana. Un paradosso solo apparente ma che descrive bene un circolo vizioso che produce asfalto, cemento, consumo del territorio e profondi danni alla salute di tutti noi. Il Lodigiano, per restare a casa nostra, è minacciato da due progetti di enorme portata: la T.E.M. e la costruzione della quarta corsia dell’Autosole. Progetti più o meno inutili, destinati anzi ad aggravare i problemi che fingono di risolvere ed utili solo agli appetiti delle imprese che su tali opere lucrano.

Domenica 9 Ottobre, alle 15.00, a Casalmaiocco i Comitati No Tem hanno indetto una manifestazione, l’ennesima per tentare di fermare un’opera che avrà effetti devastanti. Invito chi legge il blog a a partecipare. Ecco il comunicato che convoca la manifestazione

Sono arrivati in piena estate, come un rullo compressore.
Il mais sarebbe stato maturo a breve, ma è stato tagliato senza sentir ragioni, per procedere ad una presunta bonifica da ordigni bellici dei terreni di Casalmaiocco e Vizzolo, interessati dall’Autostrada TEM.
Questo il loro biglietto da visita. Questo il loro modo irrispettoso e prepotente di prendersi il territorio, fuori e dentro il Parco Sud Milano, che nella loro logica non è un Bene Comune da valorizzare, ma qualcosa da saccheggiare per far cassa.
Se questa è la loro idea di progresso, è superata nei fatti dalla crisi che viviamo. Non saranno le colate di asfalto, previste in Lombardia, come altrove, a portarci fuori da questo tunnel!
Contro questa visione miope ed egoista, che non porta sviluppo, ma distruzione, inquinamento e precariato, invitiamo tutti i cittadini, i comitati, le associazioni, i lavoratori ed i sindacati, le istituzioni e i politici coraggiosi a partecipare alla grande manifestazione.
Salviamo il nostro territorio, lottiamo per il nostro futuro.

Per chi arriverà in treno sarà disponibile un servizio navetta dalla fermata della linea S1 di San Zenone.

 

Salviamo Villa Bianchi a Lodi

Sabato 25 Agosto “Il Cittadino”, in un articolo corredato anche da alcune illustrazioni che descrivono l’ipotetico intervento, ci informa che è stato presentato all’attenzione del Comune di Lodi un progetto riguardante “Villa Bianchi”. L’edificio, per chi non lo sapesse, sorge, abbandonato da anni, quasi di fronte al Tribunale di Lodi. Il tempo ed il degrado hanno solo parzialmente incrinato il fascino della costruzione di cui anche ora è possibile intuire le caratteristiche e l’originalità. Del resto, come ci ricorda anche l’articolo, una relazione storico-artistica degli architetti componenti, per l’Ordine di Lodi, della Commissione “Novecento lombardo” della Consulta regionale afferma che “… l’edificio costituisce un unicum che si trova solo al di fuori dei confini regionali…“, ed ancora che “… in Villa Bianchi l’armonia e la proporzione, unitamente alla suddivisione rigorosa degli spazi, sposano i principi del futurismo…” . Nell’articolo chi ha presentato il progetto parla di ” rinascita” della struttura ed illustra i propri intenti correlandoli di nobili proclami contro gli appetiti speculativi che aleggiano in città. Peccato che l’ipotesi  presentata preveda che la rinascita debba passare  attraverso la realizzazione, in assoluta continuità con la Villa, di un bel palazzo di quattro piani e di un numero indefinito di parcheggi sotterranei. Non sono un architetto ne, tantomeno, un “cultore della materia”. So però che questo tipo di intenti abitualmente viene definito in modi che con il concetto di salvaguardia poco ci azzeccano. Il dubbio che sorge è che alla proprietà, composta in parte da istituti di credito – che come si sa sono notoriamente votati alla salvaguardia dei beni architettonici – ed in parte da privati cittadini, la salvaguardia interessi almeno quanto il cospicuo aumento di volumetria che il progetto prevede. In altre parole e senza girarci intorno: il progetto non tutela e non salvaguarda, per farlo non ci sarebbe alcun bisogno di nessuna nuova costruzione, ma è il cavallo di troia di una consistente, e presumiamo, parecchio proficua speculazione. Mi auguro non solo che il Comune di Lodi lo respinga, ma anche che, proprio per evitare future speculazioni, diventi soggetto attivo e protagonista di un’azione che porti finalmente a vincolare ” Villa Bianchi” ed a restituirle il lustro che merita.

PER SOLLECITARE IL COMUNE DI LODI A RESPINGERE IL PROGETTO E AD AVVIARE UN’AZIONE DI TUTELA CYRANO HA PROMOSSO UNA PETIZIONE ON-LINE CHE PUOI VEDERE E FIRMARE AL SEGUENTE INDIRIZZO: http://www.petizionionline.it/petizione/salviamo-e-tuteliamo-villa-bianchi-a-lodi/7804. FIRMA E AIUTACI A DIFFONDERE LA PETIZIONE CHE VERRA’ INVIATA AL COMUNE DI LODI 

Ex Distributore: a tarallucci e vino

Riprendo, dopo una lunga pausa di oltre quattro mesi, a scrivere sul blog. L’ intenzione, e la speranza, è di riuscire a farlo con una certa continuità. Il tempo valuterà la bontà dell’intento. Riprendo quasi esattamente da dove avevo lasciato. Non che manchino altri argomenti sia a livello nazionale che locale e nemmeno per particolare affezione alla questione, ma mi sembra giusto non lasciare cadere nel nulla, perchè estremamente rappresentativo di come vanno alcune cose nella città di Lodi, l’epilogo della vicenda dell’ex distributore di Viale Dalmazia. La vicenda è nota, per chi vuole ricostruirla in dettaglio rinvio ai post precedenti, quindi qui mi limiterò a riassumerla in modo essenziale:

– nel 2010 il Comune di Lodi decide di recuperare e valorizzare l’ex distributore Agip di V.le Dalmazia, da tempo dismesso, e di farlo attraverso lo strumento di una concessione, tramite gara, a privati che “… valorizzeranno l’immobile con una significativa ristrutturazione che lo renderà funzionale alle nuove esigenze adottando criteri costruttivi improntati al risparmio energetico…” (comunicato stampa del Comune di Lodi-Aprile 2010);

– improvvisamente, in barba a tali affermazioni, nell’Autunno 2011 il distributore, complesso a detta di molti niente affatto disprezzabile sul piano architettonico, viene completamente demolito;

– a seguito di alcune prese di posizione pubbliche che chiedono conto di questo radicale mutamento di intenti, con raro sprezzo del ridicolo e – a mio avviso – un certo disprezzo dell’intelligenza dei cittadini lodigiani, pasticciando molto viene fatto sapere all’opinione pubblica che la struttura, costruita tra gli anni ’50 e ’60 e apparentemente fatta con dovizia, aveva nientedimeno che problemi di staticità;

– il 3 Febbraio di quest’anno dopo le segnalazioni di questo blog, alcune lettere inviate a “Il Cittadino” e molte latitanze da parte del Comune di Lodi, il cantiere viene fermato per verificare  se siano stati commessi abusi rispetto all’autorizzazione concessa dall’Ente;

– il 17 Luglio, nel più completo silenzio (nemmeno un piccolo Comunicato stampa dopo una vicenda tanto discussa in città) il Comune di Lodi rilascia il permesso di riprendere i lavori in sanatoria  subordinandoli al pagamento di un’oblazione di ben 2.431,60 euro. Praticamente 40 euro per ogni cm. in altezza costruito in più. Un vero affare per la ditta costruttrice;

Come da titolo: a tarallucci e vino… nel frattempo la prosecuzione dei lavori ha reso evidente che la nuova costruzione avrà un piano in più di quella precedente, ne differirà completamente e sarà un bel pugno nell’occhio, diciamo un provinciale piccolo eco-mostriciattolo. Alla faccia della ” ristrutturazione e valorizzazione“. C’è però da dire che forse non è andata così male: il Comune, in un articolo apparso su “Il Cittadino” fa sapere che in fondo l’abuso c’era ma, a torta finita, era “solo” di 60 centimetri, che tutto il resto è da addebitarsi ad interventi legati al risparmio energetico (quindi scomputabili dal conto finale) e che l’edificio sarà alto solo 9.3 metri invece dei 15 metri consentiti nel Pgt come altezza massima. Come dire: poteva andare molto peggio… Alcune brevissime, e amare, considerazioni finali:

1) Ho la personalissima convinzione che la vicenda presenti parecchi passaggi oscuri e sia viziata da una sostanziale opacità. Personalmente non riterrei fuori luogo e inopportuno che qualche solerte magistrato del vicino Palazzo di Giustizia ne verificasse la correttezza ;

2) Al di là della conclusione “formale e legale” la sensazione è che il Comune abbia quantomeno gestito male la vicenda. Assente sul piano dei controlli, reticente sul piano dell’informazione, ambiguo su quello degli intenti, discutibile nella tutela dell’interesse pubblico. In altre situazioni, più vivaci sul piano politico e sociale, una vicenda simile provocherebbe reazioni di ben altro tipo e le giustificate richieste di dimissioni dell’assessore alla partita. Da noi tutto tace: Assessore latitante, opposizione non pervenute, forze politiche assenti o silenti, società civile distratta;

3) Questa vicenda, ed altri fatti più e meno recenti ( la gaffe dell’installazione di antenne sul torrione, l’uso dissennato di Piazza S. Francesco, lo scriteriato impiego dell’arredo inurbano) suggeriscono che il problema della tutela dei beni artistici ed architettonici della città non è in cima ai pensieri della maggioranza che governa Palazzo Broletto, pronta a  ricorrere alla firma di grandi architetti ma, apparentemente, immemore e scarsamente rispettosa della storia e dei caratteri architettonici del tessuto urbano;

4) La sensazione più fastidiosa è, però, quella che si fa strada nell’opinione pubblica, che si materializza nei discorsi colti al bar o nei capannelli della Piazza e che sembra pienamente confermata da questa vicenda: che in città vengano usati pesi e misure diverse, che l’Ente tenuto a garantire l’applicazione delle norme in modo uniforme per tutti i cittadini non agisca in modo imparziale, che ad alcuni sia consentito ciò che ad altri le norme, spesso giustamente, vietano. E’ una sensazione che si alimenta di molti fatti, più o meno grandi: quello oggetto di questo post ma anche, ad esempio, la possibilità concessa a pochi di usare P.zza S. Francesco o le vie del Centro storico come area di sosta. Uno strabismo, una asimmetria del diritto che non fa sicuramente bene alla credibilità di questa giunta e della politica in generale

Decathlon a Pieve Fissiraga? “Attila”, un premio conteso

La competizione si fa serrata. Dopo il Comune di Massalengo con il suo progetto di insediare l’ennesimo Centro Commerciale nell’area ex Madital, ecco spuntare l’ipotesi, made in Pieve Fissiraga, di realizzare un punto vendita della catena Decathlon sulla provinciale 235, nei pressi del casello autostradale. Anzi, qualcosa di più di un’ipotesi visto che il terreno su cui si dovrebbe costruire è già stato recintato. L’annuncio ha già aperto un contenzioso tra la Provincia di Lodi, nella figura dell’Assessore Capezzera che, oltre ad avanzare alcuni rilievi di ordine procedurale, rivendica giustamente un ruolo di pianificazione in scelte destinate ad avere un impatto estremamente vasto sul territorio ed il Comune che per bocca del Sindaco parla di… “…rilancio del territorio e spinta all’occupazione…”. Niente di originale, anzi più o meno le stesse motivazioni portate dal proprio collega di Massalengo. A  tal proposito,  riguardo all’ impatto dell’opera (la S.P. 235 non è meno congestionata della 23, anzi), alle prospettive occupazionali e per alcune considerazioni generali, si possono ripetere quasi pari pari le considerazioni fatte solo un paio di mesi fa a cui vi rimando. Solo qualche piccola aggiunta:

1) Il Sindaco di Massalengo si rifà al centro-destra, a differenza della sua collega di Pieve Fissiraga che fa invece riferimento al centro-sinistra. Il problema è che dicono cose, e le progettano, pressochè identiche  e questo la dice lunga sull’attuale stato della politica e la sua capacità di pensare e ipotizzare uno sviluppo ed un futuro capaci di non ripetere errori e guasti del passato. Del resto non possiamo ignorare che viviamo in un paese in cui un’opera inutile, costosa e devastante come la TAV (su cui tornerò a breve) è appoggiata, senza alcuna distinzione, dalla totalità delle forze politiche presenti in parlamento ma da una percentuale ben più piccola (forse una minoranza?) della popolazione italiana. Nei giorni scorsi se qualcuno avesse provato a seguire l’audio delle diverse trasmissioni televisive sull’argomento TAV senza vederne le immagini, nella sagra di commenti muscolari che enfatizzavano il pericolo violenza e paventavano un nuovo “rischio terrorismo” non avrebbe colto nessuna differenza tra un esponente del PD ( la vergognosa esibizione di Bersani a “Servizio pubblico”) ed uno del PDL (l’altrettanto becera apparizione del Piduista Cicchittoa “Piazza pulita”);

2) L’Assessore Capezzera, come si ricordava sopra, evoca giustamente la dimensione sovracomunale dei problemi e la necessità di una pianificazione su ampio raggio. Il problema è che di questa necessità si sente parlare da tempo, anche in questo caso da schieramenti politici di colore diverso, e che bisogna constatare che l’adozione di strumenti spesso “venduti” come efficaci misure per impedire fughe in avanti da parte dei singoli enti non ha, fino ad ora, fermato nè un progressivo, e devastante, consumo di uno dei territori più fertili d’Europa, nè la realizzazione di progetti di forte impatto sull’ambiente e sulla popolazione;

3) Ricordando che negli ultimi 10 anni, in Lombardia, solo in Provincia di Pavia si è consumato più territorio che in quella di Lodi, dove ogni anno si cementifica o asfalta una quantità di suolo pari a 10,1 mq. per abitante, suggerisco una parola tabù: “moratoria” o, detto in altri termini “cemento zero”. Tutt’altro che un’utopia in una fase storica in cui il problema della salvaguardia di suolo fertile rappresenta  un’emergenza ed in un territorio che presenta vastissime aree industriali dismesse e migliaia di alloggi sfitti od invenduti.  Del resto utopia e futuro, come raccontava Oscar Wilde, sono separati solo dalla capacità di immaginare realtà diverse. Qualità che sembra mancare ai nostri Sindaci ed a gran parte della classe politica italiana

Una carta del mondo che non contiene il Paese dell’Utopia non è degna nemmeno di uno sguardo, perché non contempla il solo Paese al quale l’Umanità approda di continuo. E quando vi getta l’ancora, la vedetta scorge un Paese migliore e l’Umanità di nuovo fa vela.   Oscar Wilde, 1891

Ex Distributore. Coincidenze ed assonanze

Vorrei fosse chiaro: non mi ci diverto e, dato che per il momento non confondo ancora i mulini a vento con strutture in ricostruzione, per me la vicenda si sarebbe chiusa con l’ordinanza comunale che ha imposto il blocco dei lavori al cantiere dell’ex-distributore di Piazzale 3 Agosto. Il fatto è che, dopo l’evasiva lettera dell’Assessore al Patrimonio del Comune di Lodi,  “il Cittadino” dell’11/2 ha pubblicato un’ intervista al Sig. Santo Ravalli, socio della Sas “La rosa dell’Arno”. Premetto che so di dire cose che rischiano di sembrare/essere politicamente scorrette ma, dato che il tono complessivo delle dichiarazioni del Sig. Ravalli (che non ho la ventura di conoscere) mi è sembrato discutibile, mi sembra doveroso dirle, con la volontà di disporre le tessere di un puzzle che ognuno comporrà poi come meglio crede. Altra piccola premessa che si capirà più avanti: mi ritengo una persona scevra da pregiudizi e non malata di complottismo, giudico le persone sulla base di ciò che fanno e non per la loro provenienza, non ho simpatie leghiste. Anzi, nel mio “carnet” politico ho un processo per una manifestazione contro, parliamo di molto tempo fa, un’iniziativa della allora nascente Lega. Con due persone che adesso non ci sono più (e che rimpiango con immenso dolore) fummo processati (ed assolti) dall’accusa di manifestazione non autorizzata.  Ma venendo all’intervista:

1) Della società, “Rosa dell’Arno sas”, a nome della quale il Sig,. Ravalli parla non si riesce a trovare nessun numero telefonico. Dal registro della Camera di Commercio si apprende che ha, o aveva, sede in un palazzo dell’Albarola (presso il Sig. Ravalli, come testimonia la cassetta postale condivisa), che si occupa di”…gestione di bar, ristoranti, trattorie, pizzerie, rosticcerie, tavole calde e fredde, gelaterie, pasticcerie e tutte le altre attività attinenti e connesse compresa la gestione di ristoranti self-service…”, che è stata costituita il 15/3/2010 ed iscritta al Registro delle imprese 3 giorni dopo ed è formata da 3 soci che insieme possiedono quote per un capitale sociale totale di €. 10.000,00.  Certamente un piccolo capitale per una società che, lo si presume dalle date, è stata appositamente costituita per partecipare al bando per l’aggiudicazione dell’ex-distributore di Viale Dalmazia e che come ci spiega il Sig. Ravalli si propone di “…fare un edificio solido, senza badare a spese…” e di “…costruire un gioiellino per la città…per cui dovranno fami un monumento”. Intento nobile ma costoso e, che in tempo di crisi, presuppone una liquidità più che discreta ;

2) Sempre il Sig. Ravalli, che peraltro risulta domiciliato a Lodi (quindi Lodigiano a tutti gli effetti) e nonostante ciò parla dei cittadini lodigiani come fossero altro da sè e con una certa dose di insofferenza, ci informa che ha partecipato al bando per l’assegnazione della gestione della struttura quasi casualmente (bando visto sul giornale) e che, apparentemente quasi altrettanto casualmente, ha affidato i lavori di ricostruzione all’impresa che ha costruito la casa in cui abita. Aggiunge anche che gli è capitato, si presume sempre incidentalmente, di “…incontrare il costruttore in Consiglio Comunale…dove ha assistito ad una seduta…”. Una vicenda segnata dal caso: il bando sul giornale, l’affidamento all’impresa conosciuta per altri motivi, l’incontro in Consiglio comunale. In realtà viene da pensare che il Sig. Ravalli non abbia certo bisogno di incontrare in Consiglio comunale uno dei titolari della ditta (T.C. Costruzioni) a cui ha affidato i lavori  perchè, non solo condividono il domicilio (per entrambi il numero 26 A di una via che non citerò per rispetto della privacy), ma anche perchè tutti i soci della “Rosa dell’Arno” e quelli della “T.C. Costruzioni” sono domiciliati tra i n. 26 A e 28 della stessa via (la sede della Rosa dell’Arno è attualmente al n.28). Ovvero quando il caso sembra davvero dover fare poca strada per mettere in contatto le persone. Intendiamoci: non c’è nulla di male nel mettersi in affari con i propri vicini, cosa perfettamente legale, lascia perplessi voler far trasparire  che ciò avvenga in modo casuale;

3) Incontrare uno dei soci della società “T.C. Costruzioni” in Consiglio Comunale, va detto, del resto non è cosa difficile. Infatti il Sig. Francesco Staltari (l’imprenditore in questione) è consigliere comunale. Eletto per il PDL, al 2° posto della lista con 143 preferenze, ad Aprile 2011 ne è uscito per aderire ai PiD ( Popolari per l’Italia di Domani) di cui è coordinatore territoriale. I PiD, detto per inciso, sono la formazione politica che fa capo a Francesco Saverio Romano, ex Ministro dell’Agricoltura nel Governo Berlusconi, rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa. Anche qui: ognuno è libero di scegliersi i riferimenti politici ed i compagni strada che più gli piacciono, ci mancherebbe. Diciamo che, dal mio punto di vista, la scelta non è delle più apprezzabili;

3) Sempre per rimanere in tema di coincidenze e casualità va rilevato, come puro dato oggettivo, che tutti i soggetti coinvolti (i 3 soci della “Rosa dell’ Arno” e i 2 della “T.C. Costruzioni”) hanno la ventura di essere nati in Calabria tranne il Sig. Ravalli che, ci fa però sapere attraverso “Il Cittadino”, con la Calabria ci lavora occupandosi di “…servizio bancario per una multinazionale in Calabria e in parte della Sicilia”. Anche qui, intendiamoci, non è che essere nati in Calabria, anzi in località diverse poste in un raggio di soli 30 km, sia una colpa. Tuttaltro. Non è mia intenzione supporre alcunche o fare discutibili equivalenze. E’ semplicemente singolare osservare come queste persone, che sembrano appunto essersi incontrate casualmente, abbiano domicilii contigui e decidano di avviare un’impresa economica comune. Tra l’altro due di queste persone sono nate a Rosarno – per inciso: paese il cui Consiglio Comunale è stato ripetutamente sciolto per infiltrazioni mafiose (1992 e 2008) – immagino che l’evidente assonanza con “Rosa dell’Arno” non sia casuale;

Concludendo: lascio ad ognuno il compito di comporre il proprio personale puzzle, giudicando se i tasselli disponibili (le informazioni sono attinte dai registri della Camera di Commercio e sono, quindi, disponibili attraverso semplici visure) compongano o meno un disegno di senso compiuto e, nel caso, quale riflessioni debba innescare e lascio a chi di dovere anche il compito di stabilire se abuso c’è stato e in che misura, certo è che questa vicenda da qualunque parte la si guardi risulta, confermo quanto detto in precedenza, decisamente poco trasparente

 

Ex Distributore. Le tre scimmiette e l’Assessore Brunetti

La vicenda dell’ex-distributore, nonostante l’ordinanza di blocco dei lavori per verificare possibili abusi, lascia l’amaro in bocca. Non solo perchè, comunque vadano le cose, il vecchio distributore è stato abbattuto, ma anche perchè  in questa storia la sensazione è che il Comune, che dovrebbe essere più di ogni altro attento a tutela e rispetto delle regole, abbia invece agito da controparte e la vicenda rimanga densa di interrogativi destinati a non avere risposta. La cosa certa è che in questa città la demolizione corre spesso più veloce del pensiero; basti pensare alle ex Officine Adda abbattute in fretta e furia, ai tempi dell’impero Fiorani, per far posto ad un progetto poi naufragato.

Il Cittadino di oggi pubblica una lettera dell’Assessore al Patrimonio Brunetti fino ad ora, sulla vicenda, assente e silente. E’ un bel compitino burocratico, che non spiega nulla e che ha lo scopo preminente di pararsi il fianco. Siccome si rivolge direttamente a me ho ritenuto di rispondergli con una letterina che spero venga pubblicata. eccola:

Mi ero ripromesso di non intervenire più sulla questione dell’ex distributore di Piazzale III Agosto, non mi piacciono le polemiche che si trascinano a mezzo stampa,  ma non posso passare sotto silenzio la lettera a firma dell’Assessore al patrimonio Brunetti, pubblicata su “Il Cittadino” del 9/2. Una piccola premessa: pur avendo le mie simpatie politiche, peraltro note a molti e sicuramente più vicine all’attuale maggioranza che governa il Comune che non all’opposizione, non appartengo a nessun partito e non ho alcun interesse politico/partitico a sollevare polemiche ed, al contempo, non ho nessun interesse materiale diretto verso l’ex distributore e le vicende che lo coinvolgono. Semplicemente sono sensibile ai problemi della tutela del patrimonio architettonico ed ambientale, cerco di essere un cittadino consapevole e di preoccuparmi di quello che mi accade intorno prendendomi, per quanto possibile, a cuore la città in cui vivo e cercando di partecipare in modo attivo a quanto succede. Esercito quella che si chiama “cittadinanza attiva”, cosa di cui -a mio parere – avremmo bisogno come dell’aria che respiriamo in tempi di forte disaffezione verso le forme di partecipazione alla vita pubblica. Del resto la “partecipazione” è concetto di cui si riempiono a gran voce la bocca politici di ogni colore in occasione di ogni campagna elettorale (salvo poi disconoscerlo nella prassi amministrativa) ed anche l’attuale maggioranza mi sembra ne avesse fatto un suo cavallo di battaglia. Detto ciò la lettera evasiva, stizzita, burocratica e paradossale dell’Assessore Brunetti lascia molte perplessità e merita qualche risposta:

1)    L’Assessore ci dice che sulla questione dell’ex distributore non c’è stato nessun silenzio anomalo. Sarebbe facile smentirlo semplicemente citando le date di lettere ed interventi che segnalavano problemi e possibile anomalie. A tal fine mi limiterò a ricordare semplicemente che l’ispezione al cantiere, guarda caso, è stata effettuata solo  lo stesso giorno (27 gennaio) in cui la lettera nella quale si sollevava il problema di un possibile abuso è stata pubblicata su “Il Cittadino”. Invito chi vuole farsi un’idea precisa dei tempi (delle latitanze e dei silenzi) a dare un’occhiata al blog su cui sono apparsi gli interventi ( https://verdastro.wordpress.com/ ). Non ho perplessità nell’affermare che complessivamente sulle vicende dell’ex distributore il Comune di Lodi ha tenuto un comportamento che non esito a definire opaco e pasticciato. Basti ricordare che l’Assessore Brunetti, o chi per lui, non ha mai spiegato, in modo convincente perché, decidendo di consentire la demolizione della struttura, abbia nella pratica smentito se stesso: “… gli operatori privati che si sono aggiudicati la concessione dell’ex distributore – spiega l’assessore al patrimonio Enrico Brunetti – valorizzeranno l’immobile con una significativa ristrutturazione che lo rendera funzionale alle nuove esigenze adottando criteri costruttivi improntati al risparmio energetico…” (aprile 2010);

2)    In una situazione in cui l’Assessore, come penso sarebbe suo dovere, si preoccupasse più del rispetto delle regole e della trasparenza che di pararsi il fianco da possibili critiche ci sarebbe da aspettarsi che un cittadino che segnala un possibile abuso, tra l’altro su un edificio di cui il Comune è proprietario, venisse ringraziato per la collaborazione e, se ha ancora ha dei dubbi, venisse invitato a toglierseli prendendo visione della documentazione. L’Assessore Brunetti, che come le tre famose scimmiette non vede (il possibile abuso), non sente (gli inviti a spiegare ed intervenire) e non parla (non ci dice perché ha cambiato opinione), invece ricorda burocraticamente che se voglio prendere visione della documentazione debbo presentare “apposita richiesta” ed elenca nel dettaglio i miei rapporti, a tal proposito, con il Comune di Lodi. All’Assessore, a questo proposito, ritengo utile far sapere che, essendo essenziale – come spiegato nel modulo comunale che mi è stato inviato – “…assicurare che l’accesso agli atti sia necessario per curare o per difendere i propri interessi giuridici…” , da semplice cittadino preoccupato del rispetto delle regole non ho titolo giuridico per poter accedere agli atti ed ho quindi rinunciato a chiedere ciò che mi verrebbe, a norma di legge, negato;

3)    Le procedure verificheranno se abuso c’è stato. Per il momento questa vicenda lascia aperti, a mio avviso, molti dubbi di carattere politico ed amministrativo. Li elencavo nella lettera  precedente e li sottoscrivo nuovamente. A lasciare interdetti è l’assenza della politica, silente ed assente anche di fronte a possibili abusi compiuti sotto il proprio naso;

4)    Perché l’abuso, se c’è stato, è avvenuto in pieno centro, sotto gli occhi del Palazzo. Mi domando se l’Assessore Brunetti sia mai passato da quelle parti, si sia mai sentito in obbligo di alzare gli occhi e di esercitare il potere di verifica proprio dell’Amministrazione Comunale. Per questa ragione, per la pochezza politica dimostrata nel tacere e nel rispondere, mi sento di poter affermare, appunto da cittadino, che l’Assessore dovrebbe riflettere attentamente sulla propria adeguatezza a rivestire l’incarico che attualmente copre.

 

Distributore di V.le Dalmazia. Il silenzio assenso

Sono ormai passate più di tre settimane dal post in cui chiedevo conto al Comune di Lodi di un possibile aumento di volumetria del “ricostruendo” ex-distributore di Viale Dalmazia ed una decina di giorni dalla pubblicazione della lettera  su “Il Cittadino” in cui, vista l’assenza totale di risposte da parte dell’ente, riproponevo lo stesso dubbio. L’anomalo silenzio del Comune, solitamente molto pronto a rispondere ad interrogativi – anche molto meno significativi – provenienti dall’opinione pubblica, mi fa pensare che si possa a ragione parlare di silenzio/assenso e che valga il detto ” chi tace acconsente”. Quindi presumo, e del resto ad occhio il procedere dei lavori mi sembra rendere sempre più alte le probabilità  che l’edificio possa non avere la stessa volumetria di quello che sorgeva precedentemente, che sia proprio così: la costruzione che sostituirà l’ex-distributore avrà dimensioni maggiori della precedente. Se le cose stanno in questo modo, ma spero ancora di essere smentito, trovo che  la questione sia, sul piano sostanziale e sul piano della trasparenza amministrativa, di non poco conto (parliamo di rispetto delle regole, di chiarezza nei confronti dell’opinione pubblica, di uguaglianza dei cittadini e degli operatori economici nei confronti delle norme, di mancata tutela di un immobile significativo sul piano architettonico e della storia, seppur recente, della città) e lasci intravedere un bel pasticcio. Parliamo di una costruzione inizialmente ritenuta meritevole di ristrutturazione e valorizzazione (vedi dichiarazioni del’Assessore Comunale al patrimonio), che improvvisamente, e con un mutamento di orientamento mai seriamente motivato, non viene più valutata come degna di conservazione e che viene improvvisamente abbattuta ma che, così si affermava nelle diverse dichiarazioni dell’Ente, avrebbe dovuto essere ricostruita con le stesse caratteristiche. Mai nessun accenno ad un possibile aumento di volumetria. Una vicenda piuttosto sconcertante e che fa sorgere molti interrogativi: perchè questo pasticciare confondendo ristrutturazione e ricostruzione per poi consentire, se il dubbio avanzato è reale, la realizzazione di qualcosa di sicuramente diverso? Cosa dicono gli atti ufficiali e soprattutto cosa consente la concessione edilizia? I lavori che sono in corso di esecuzione sono legittimi e regolarmente autorizzati? Sono stati rivisti gli accordi economici con la società, “Rosa dell’Arno”, titolare dei lavori? Se il bando originario parlava di un intervento di ristrutturazione (dettagliando gli interventi minimi da eseguire) è ancora valida un’aggiudicazione che ha poi consentito un approccio completamente diverso?  Chissà che questa volta qualcuno si senta in dovere di rispondere e chiarire i dubbi e che magari qualche Consigliere od Assessore comunale,  spesso solerti su vicende di ben minore spessore, si faccia carico di fare un pò di chiarezza sul piano istituzionale 

      

Distributore di Viale Dalmazia 3: un dubbio atroce…

Ci passo davanti quasi ogni giorno ed ogni volta il dubbio, prepotente, mi assale. Parlo ancora, e me ne scuso, del Distributore di Viale Dalmazia,  attualmente in fase di ricostruzione, oggetto di varie polemiche e già al centro di alcuni post del blog ( 1 e 2 ). Ogni volta che lo guardo, dopo aver frugato nella mia memoria visiva che non mi soccorre adeguatamente, mi dico: “No, non è possibile, sarebbe troppo..” ed accantono il dilemma fino a quando ci ripasso e ci butto nuovamente un occhio. Eppure… eppure ad ogni passaggio il dubbio si fa sempre più forte, probabilmente alimentato anche dalle precedenti perplessità, certamente non fugate dalle pasticciate giustificazioni fornite in passato dal Comune di Lodi. Chi vuole ricostruire la vicenda e le polemiche si legga i post precedenti. In sintesi mi limito a ricordare che il distributore che in un primo tempo, secondo il Comune di Lodi, doveva essere “valorizzato attraverso una significativa ristrutturazione” è stato completamente demolito senza che fosse fornita una  convincente spiegazione del radicale, sottolineo radicale, mutamento d’intenti. Non può essere infatti ritenuta convincente la simpatica boutade sui problemi di staticità della struttura, ne tanto meno l’asserzione che l’edificio non era coperto da nessuna tutela o che la commissione consiliare competente non ha sollevato nessuna obiezione all’intervento. Tutt’al più queste affermazioni ci dicono (forse) che la cosa non era illegittima, sicuramente non spiegano perchè è stata fatta e nulla ci dicono sulle ragioni del repentino mutamento di orientamento, in materia, del Comune di Lodi.

Tornando  però all’oggi ed all’argomento del post: spero tanto di sbagliarmi, ma sto maturando la convinzione che l’edificio in fase di ricostruzione abbia una volumetria maggiore di quello abbattuto. Più lo guardo e più il dubbio mi assale. Se così fosse tutta la vicenda della ristrutturazione diventata demolizione troverebbe una sua sconfortante spiegazione. Sapendo che talvolta membri della Giunta comunale leggono questo blog, spero -lo dico sinceramente – arrivino smentite e, in caso contrario, giustificazioni questa volta davvero credibili

Massalengo: venghino, siori e siore, venghino

Non so se ancora esista, ma qualche anno fa le Associazioni ambientaliste conferivano ogni anno, a livello nazionale, il “Premio Attila” a chi si distingueva per azioni che danneggiavano l’ambiente. E’ fuor di dubbio che se tale premio dovesse essere conferito a livello lodigiano uno dei candidati  papabili sarebbe il Comune di Massalengo già distintosi in passato per scelte e decisioni fortemente discutibili sotto il profilo ambientale e per la pervicace convinzione che il termine”sviluppo” si debba necessariamente coniugare con “insostenibilità”. Basti ricordare la vicenda della realizzazione  della maxi logistica presso la cascina Postino, la richiesta – per il momento ferma – di un suo ampliamento, diversi interventi di carattere residenziale ed immobiliare. Ora ecco arrivare l’ipotesi della realizzazione di un Centro commerciale nell’area ex Madital, il tutto sostenuto dalla convinzione che tale intervento, così ci fa sapere il Sindaco Papagni, “…sarebbe una storica occasione di rilancio per il paese oltre che una risposta in termini di posti di lavoro, sia maschili che femminili…”. Al sindaco, pur nella convinzione che difficilmente riusciremo a scalfire le sue granitiche ed un poco ottuse certezze, mi permetto di far presente alcune questioni:

1) Il lodigiano ha sicuramente bisogno di molte cose: servizi, strutture, occupazione, cultura. Se ce n’è una di cui non si avverte la mancanza sono nuovi Centri Commerciali. Siamo una delle zone d’Italia in cui esiste il rapporto più alto tra metri quadrati di grande distribuzione commerciale e numero di residenti. Quarti in Lombardia, preceduti solamente da Sondrio, Mantova e Brescia. La bellezza di 330 m2 di centri commerciali, ipermercati, discount etc. ogni 1.000 abitanti. Pensare, in tempi di forte crisi economica, di aggiungere nuove strutture è singolare quanto demenziale;

2) Qualche giorno fa “Il Cittadino” ha pubblicato un bel servizio sui molti esercizi commerciali chiusi in Corso Roma, la tradizionale via dello struscio lodigiano. Un panorama sempre più visibile nei centri urbani, anche lodigiani, e legato almeno in parte agli effetti della presenza della grande distribuzione, che tende a penalizzare i piccoli esercizi. A confutare quanto afferma il Sindaco di Massalengo sull’occupazione che tale insediamento produrrebbe  basti citare  quanto apparso su “La Stampa” del 21/10 dove il Presidente di Confesercenti di Asti, Mauro Ardissone, dati regionali alla mano,  spiega che per un posto di lavoro della GD si sottraggono 2,5 posti al commercio tradizionale;

3) La Provinciale 23, oggetto di svariati interventi di ampliamento e messa in sicurezza anche recenti, proprio a causa dei sconsiderati insediamenti consentiti dal Comune di Massalengo e del forte transito di mezzi pesanti è già considerata un’arteria sotto stress. E’ indubbio che un insediamento commerciale con quelle caratteristiche non potrebbe che aggravare tale situazione ed avere un impatto negativo su larga parte delle arterie lodigiane;

Per farla breve: il progetto, o meglio l’intenzione, è frutto di logiche sorpassate, completamente sbagliato nei presupposti ed avrebbe pesanti ripercussioni in termini generali (viabilità, inquinamento, strutture) sull’intero lodigiano. Sarebbe auspicabile che alcuni Amministratori, Comune di Massalengo in testa, cominciassero a capire che i problemi dei paesi e delle città che gestiscono vanno al di là dei confini del proprio comune e non sono più, ma in realtà non lo sono mai stati, risolvibili con logiche da orticello. Costituirebbe davvero il primo passo per poter ipotizzare vie d’uscite da una crisi che, prima che ogni altra cosa, sembra frutto dell’incapacità anche solo di immaginare un futuro diverso

Distributore di Viale Dalmazia 2: piccoli dubbi crescono

Giusto per non fare finta di nulla. In calce testo della lettera inviata a “Il Cittadino”  il 18 Ottobre

Del Comune di Lodi molte cose possono essere dette ma non che non sia estremamente attento alla comunicazione. Mi sarei quindi aspettato che la lettera del Sig. Siviero, apparsa su “Il Cittadino” dell’8 Ottobre e successivamente seguita da altri interventi sullo stesso argomento, ricevesse una risposta non solo rapida ma anche  capace di fugare le perplessità avanzate. Duole invece constatare che a distanza di 10 giorni  il slenzio regna sovrano.

Peccato, perché il problema sollevato – la sciagurata demolizione del distributore di Viale Dalmazia – e le  condivisibili e puntuali osservazioni del Sig. Siviero in merito ai pregi architettonici dell’edificio ed all’esigenza di tutelarlo e conservarlo nell’ambito di un intervento di ristrutturazione, avrebbero meritato una risposta più che circostanziata, anche in virtù di vecchie, ma mai smentite, dichiarazioni del Comune stesso.

Vale infatti la pena di ricordare che l’Assessore al Patrimonio Enrico Brunetti, all’interno di un comunicato stampa del Comune di Lodi del 23 Aprile 2010 dal titolo “Aggiudicata la concessione dell’ex distributore di Viale Dalmazia” affermava testualmente”… gli operatori privati che si sono aggiudicati la concessione dell’ex distributore – spiega l’assessore al patrimonio Enrico Brunetti – valorizzeranno l’immobile con una significativa ristrutturazione che lo rendera funzionale alle nuove esigenze adottando criteri costruttivi improntati al risparmio energetico…”.

Mi piacerebbe sapere, insieme al Sig. Siviero ed a molti altri cittadini,  cosa è cambiato da quella dichiarazione e rispetto a quegli intenti e perché quella pregevole struttura è stata completamente rasa al suolo, così come mi piacerebbe conoscere cosa diceva esattamente il bando di aggiudicazione dei lavori di ristrutturazione. Per capirci: siamo di fronte ad un mutamento di intenti dell’Amministrazione Comunale tradotto poi in conseguenti atti  amministrativi ( ed allora mi piacerebbe conoscere perché un immobile che veniva ritenuto meritevole di essere valorizzato sia stato completamente demolito)  od a lavori che vengono eseguiti in difformità rispetto a quanto previsto?

Nell’uno e nell’altro caso sarebbe utile che venissero date delle risposte pubbliche.