Addetti stampa, cittadini e cani da guardia

Meglio sgombrare il campo dagli equivoci, anche perchè le intimidazioni, pur sotto forma di minacce di querela, non mi piacciono e quella ventilata dall’addetto stampa del Comune di Lodi nei confronti di Francesco Cancellato, reo di aver scritto questo articolo, a mio giudizio, lo è. Sono del tutto convinto ci sia più di un motivo per ritenere legittimamente, ed affermare, che le modalità di selezione dell’addetto stampa scelte dal Comune di Lodi pongano, oggettivamente, problemi di trasparenza. In primo luogo per la durata del bando, otto giorni, periodo del tutto insufficiente per garantire un’adeguata pubblicità allo stesso ed, a seguire, per i requisiti di ammissione indicati ed, in particolare, tra questi, il semplice possesso del diploma di Scuola Media Superiore. Chiunque voglia davvero operare una selezione di personale che lo porti a scegliere il meglio tra quanto il “mercato” offre si garantisce , contemporaneamente, una ampia base di scelta e pone criteri di accesso, titolo di studio compreso, adeguati in partenza alla posizione da ricoprire, soprattutto se la selezione si riferisce ad un incarico assolutamente delicato e di responsabilità come quello in questione. L’alta retribuzione corrisposta è, del resto, lì a comprovarlo. In questo caso non è successo: il periodo di otto giorni è stato molto limitato e non adeguato a garantire, a mio giudizio, un’ampia pubblicizzazione, come dimostrato dal basso numero di partecipanti, e, sempre a mio giudizio, è discutibile che per una posizione di questo tipo il titolo di studio richiesto non fosse la laurea. Intendiamoci: io stesso non sono laureato, non credo che il possesso della laurea sia sufficiente di per se a garantire capacità e professionalità ed in giro c’è pieno di gente, giornalisti compresi, che svolge ottimamente il proprio lavoro senza essere laureata. So però che la legge impone alla Pubblica Amministrazione, per quanto riguarda la nomina di Dirigenti con contratto di diritto privato, di rispettare criteri di accesso adeguati alla qualifica da ricoprire. Non è questa la fattispecie, questo è un contratto a progetto, ma è per me evidente che il tipo di incarico avrebbe voluto che, anche da questo punto di vista, ci si attenesse a questa indicazione. Nulla di illegittimo, ovviamente, ma i dubbi sulla mancanza di trasparenza, a mio avviso, sono comprensibili e legittimati dal fatto che l’esito finale del bando abbia visto l’attribuzione dell’incarico a chi già lo svolgeva in precedenza. Detto ciò sono, personalmente, convinto che questa sia solo una parte del problema e che quello vero non stia nei criteri di selezione e nemmeno nel fatto che si sia utilizzata una Società partecipata, ma nella scelta del Comune di Lodi, e di quasi la totalità degli Enti e politicamente in modo del tutto trasversale, di avvalersi di figure di questo tipo, investendo in ciò considerevolissime risorse pubbliche. Il Comune di Lodi, come fatto in precedenza, avrebbe potuto legittimamente seguire la strada di una nomina diretta senza che nessuno potesse eccepire nulla. Se non l’ha fatto questa volta è perchè si  è tentato, da una parte, di dare una parvenza, solo formale e non sostanziale, di trasparenza alla procedura  e dall’altro perchè si vuole attribuire a tale incarico una “oggettività” che nella realtà non ha affatto. Nonostante nel bando si parli di Addetto Stampa del Comune di Lodi è evidente che questa figura con l’Amministrazione intesa in senso ampio, comprendendo quindi l’intero Consiglio Comunale e soprattutto i veri datori di lavoro, cioè i cittadini, ha poco a che fare. Gli addetti stampa, nel Comune di Lodi ed ovunque, svolgono il ruolo di portavoce del Sindaco o del Presidente e della Giunta,veri cani da guardia delle scelte compiute e l’oggetto autentico del loro lavoro non è quello “recitato” nel bando ma quello della creazione e del mantenimento del consenso. In questa logica sono figure del tutto “private”, a servizio cioè di una parte politica, quella al potere, e non della collettività, ma (e qui sta la contraddizione evidente ed il paradosso) pagate con soldi pubblici. E’ una logica frutto di una concezione della politica che ha trasformato gli enti, da erogatori di servizi, in macchine per la creazione del consenso, drenando a tal fine quantità ingenti di risorse, spesso a discapito di quelle destinate ai servizi stessi. Questa vera e propria mutazione genetica ha trasformato profondamente gli Enti e la politica: confrontate la composizione del personale degli Enti locali con quello di qualche anno fa e scoprirete che sono cresciuti, in modo ipertrofico, gli apparati a “servizio” della politica e dei partiti politici ed è, parallelalmente, diminuito il personale destinato all’erogazione concreta dei servizi. La creazione del consenso ha però bisogno di apparati che garantiscano l’assolutà fedeltà; la discrezionalità – garantita dalla normativa – consente, dalla Legge Bassanini in poi, alla politica di costruire organizzazioni fatte a propria immagine e somiglianza, dove a contare sono l’obbedienza e l’assonanza con il potere politico del momento. Se così non fosse, tornando agli Uffici stampa, queste strutture sarebbero comprese nei compiti dell’URP, il personale sarebbe selezionato non con incarico fiduciario ma inserito nell’organizzazione in modo permanente, il loro riferimento non sarebbe il Sindaco o la Giunta ma la cittadinanza che non sarebbe vista con fastidio, come avviene attualmente, ogni qual volta assume posizioni critiche. Ma si sa: compito dei cani da guardia è difendere il territorio, capita che per farlo qualche volta finiscano per mordere il postino e, in ultima analisi, per fare danno anche ai loro padroni

cane gurdia

Promesse da marinai (o da campagna elettorale) ovvero: passata la festa, gabbato lu santu

Sul Bilancio del Comune di Lodi ci sono problemi di merito e di metodo. Dei primi, in questo blog, qualcosa si è già detto ed altri, a livello cittadino, si sono espressi con dubbi e considerazioni non peregrine.  A chi, anche a sinistra, parla di “miglior bilancio possibile”, ed in alcuni casi a farlo sono cari amici ed amiche, basterebbe ricordare che solo ieri, a Milano, la maggioranza di centrosinistra ha chiesto di portare il limite di esenzione per l’aliquota IRPEF da 15.000 (soglia prevista anche a Lodi e “venduta” come scelta estrema di equità sociale) a 21.000,00 €. a dimostrazione che, a Milano ed altrove, i margini, seppur risicati, ci sono e che il problema, oltre che nei vincoli imposti dal patto di stabilità, sta nelle scelte che si fanno e nei punti di vista che si adottano. Val la pena di ricordare che, nel nostro paese, chi ha un reddito tra i 15 ed i 20.000,00 euro è poco al di sopra della soglia di povertà calcolata dall’ISTAT e che forse bisognerebbe, aggiornando la propria analisi sociale, non ignorare i devastanti fenomeni di impoverimento di quello che una volta era il ceto medio. In tema di scelte si può, ad esempio, decidere se ridurre i cospicui e scandalosi stipendi di alcuni dirigenti, parliamo di cifre che nel 2012 in alcuni casi arrivavano ad oltre  145.000,00 euro l’anno, o ridurre il fondo incentivante la produttività del resto dei dipendenti che mediamente ha salari che, oltre ad essere bloccati da anni, si aggirano intorno ai 1.200,00 euro al mese. Oppure si può scegliere, in fase di contrattazione con i costruttori privati, di tentare di imporre alcuni oneri a carico dei costruttori, come nel caso della Piazza dell’Albarola o delle barriere antirumore in previsione a S. Bernardo, od addossarne la realizzazione alla collettività. Od ancora si può scegliere se continuare a erogare annualmente oltre 500.000,00 euro di contributi alle scuole parificate (private e confessionali). Scelte legittime, ma scelte, e qui entriamo nel problema di metodo, che dovrebbero però essere assunte in altro modo. Magari attraverso processi decisionali partecipativi e confrontandosi sulle priorità con i cittadini. Attenzione a dirlo non è lo scassamarroni, ingenuo e balengo Cyrano, a dirlo erano non più tardi di qualche mese fa, al tempo delle primarie del centrosinistra e poi delle elezioni comunali, le forze politiche del Centro-sinistra (ma anche, per la verità, del centrodestra). Tutti a parlare di partecipazione, coinvolgimento nelle scelte, bilanci partecipati. Dove sono finiti? Chi se lo ricorda “Insieme si può”? Dove? Quando? Come? Per chiudere questo post e per rinfrescare la memoria ai nostri amministratori, alcuni marinai di lunghissimo corso ed altri giovani mozzi ingenuamente e caparbiamente speranzosi, mi limito a riportare, a proposito di partecipazione, alcuni stralci dei programmi.

Dal programma del Sindaco Uggetti e della coalizione che l’ha sostenuto:

“…Vogliamo fare tutto questo con una politica amministratva caratterizzata da trasparenza, diminuzione dei costi della politica e rigorosa attenzione alle spese del Comune, affermando i principi del merito e della competenza nella nomina dei rappresentanti del Comune in società ed enti. Soprattutto, vogliamo sviluppare un modello di partecipazione, per consentire a tutti di conoscere, verifcare, ma anche assumere un ruolo attivo e corresponsabile…” “…Amministrare insieme” non significa solo dare vita ad una maggioranza unita e che condivide gli obiettivi ed il modo in cui realizzarli; significa soprattutto coinvolgere concretamente la cittadinanza, con l’ascolto quotidiano di chiunque voglia mettere a disposizione competenze, portare sensibilità diverse ed avanzare proposte…” “… creare ambiti di bilancio partecipativo, vale a dire chiamare i cittadini non solo a partecipare direttamente alla progettazione di un intervento strategico per la città, ma anche ad indirizzare altre scelte amministratve a partire da quelle di bilancio…”

Giudicate un po’ voi quanta distanza ci sia tra il dire e il fare

La suprema ipocrisia: fine vita, mai

La morte è uno stato di perfezione, il solo alla portata di un mortale.
Emile Cioran

Dopo Monicelli, Lizzani. Ed in mezzo, probabilmente, sicuramente, centinaia, forse migliaia di persone non così note. La rimozione, l’ipocrisia, ricordano la situazione che l’Italia viveva prima del Referendum sull’aborto. Le donne abortivano, talvolta rischiando la vita, spesso nelle mani di individui senza scrupoli ma il paese, la politica, la religione, facevano finta di non vedere, riducendo un problema sociale a tanti drammi individuali. Accade ancora così, oggi in Italia, di fronte al problema del fine vita. Qualcuno si assume la responsabilità di un gesto esplicito e, come tale, di denuncia, qualcuno se ne va all’estero in cerca di una dignità che qui viene negata, molti, forse moltissimi, sono aiutati in silenzio ad andarsene. Ad aiutarli sono talvolta i famigliari, altre volte medici, infermieri. Una ribellione silente e pietosa di fronte alla burocratica condanna a vivere al di là della propria volontà e a corpi svuotati di ogni pulsione vitale. Un’espropriazione ed insieme una rimozione collettiva. Quella che ci fa collettivamente negare il problema, figlia malata di un tempo e di una latitudine che consentono di prolungare innaturalmente le nostre esistenze, condannati a sopravviverci da tecnologie e farmacologia raffinatissime. Si vive più a lungo, racchiusi in un insensato delirio di onnipotenza, e non si vive meglio. Si vive, e si è costretti a vivere, declinando la sofferenza ad inevitabilità, delegando a religiosi, giudici, medici, estranei la volontà dei singoli. Una rimozione, quella della morte, che raggiunge livelli di inciviltà rari, basti guardare le camere mortuarie degli ospedali: inospitali, talvolta indecorose, quasi che il commiato dovesse essere reso frettoloso, burocratico, una formalità da adempiere velocemente. E’ così anche qui, nel Lodigiano: Lodi, S. Angelo, Casale, Codogno, uno scandalo di incuria e trascuratezza. In un paese in cui si parla, e straparla, di tutto,  questo argomento rimane tabù.  Riprendiamoci le parole, il diritto di pronunciarle, eutanasia, suicidio assistito, e di discuterne e, così facendo, riappropriamoci del diritto a vivere anche decidendo di non continuare a farlo

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Bilancio Comunale: i conti non (mi) tornano

Forse c’è qualcosa che non capisco, il che può anche essere ma dire che sono perplesso forse non è sufficiente. Non più tardi di una settimana fa il Comune di Lodi annunciava una manovra di Bilancio estremamente severa: aumento delle aliquote IRPEF e di altre imposte, tagli di bilancio trasversali e lineari, aumento delle tariffe a carico degli utenti e chi più ne ha, più ne metta. Annuncio giustificato con le pesanti condizioni finanziarie degli Enti locali ma che, pur trascurando il non secondario dettaglio che molti dei provvedimenti che “strangolano” i Comuni sono frutto di scelte politiche condivise anche dalle stesse forze che governano localmente,  qualche stridore e stupore lo provoca.  Lodi è governata da una Giunta con ben quattro membri, Sindaco compreso, che facevano parte di quella precedente e che, politicamente, si può dire in tale continuità con quella da inglobare nel giudizio anche l’opposizione (capeggiata, come si sa, dall’ex Vice-sindaco). Com’è che improvvisamente ci si accorge che la situazione di bilancio è così drammatica da invocare “lacrime e sangue” ? Perchè, va detto, se cosi è – e una situazione di bilancio pesante come quella delineata non è cosa di oggi – giusto per fare qualche esempio, non si capisce come e perchè si siano potuti fare investimenti come quello relativo al “Bar del Paesaggio” realizzato dall’Archistar di turno o perchè, ad esempio, nell’arredare la nuova biblioteca si siano scelti mobili di design realizzati su misura (per volere di un’altra Archistar di turno) od ancora perchè e come, senza battere ciglio, si continuino a foraggiare baracconi ed investimenti sbagliati come Lodi Progress e la Fiera di Lodi o non si faccia una seria riflessione su un parcheggio per disoccupati, che costa qualche centinaio di migliaia di euro ogni anno, qual’è è diventato il C.F.P di Lodi. Lo stridore però aumenta se, oltre a confrontarsi con il passato, ci si misura con il futuro. E’ di pochi giorni fa la scelta del partner privato per il completamento del Polo Universitario di Lodi. Un’opera importante e necessaria per la città, si dice nei comunicati ufficiali. Peccato che ciò che già esiste sia, fino ad ora, rimasto completamente avulso dal tessuto cittadino e provinciale, che l’esistenza di alcune strutture non sia stata capace di invertire il declino del comparto agro-alimentare nel lodigiano, che tali strutture, avviando il circolo virtuoso che si paventava, non abbiano contribuito a salvare tasselli fondamentali del comparto quali il Consorzio Agrario o la Polenghi Lombardo. Forse, allora, uscendo dalla retorica e dalle affermazioni trionfalistiche sarebbe ora di farli davvero i conti, in termini di costi e benefici, e di farli anche a partire da una situazione economica, e qui torno a bomba, difficilissima per gli enti coinvolti. Per realizzare quanto ancora deve essere compiuto Comune e Provincia devono infatti trovare ben 9 milioni di euro. Dove li trovano un Comune che è costretto a spremere i suoi cittadini ed un’Ente, la Provincia, che a Giugno potrebbe chiudere i battenti  e che, già ora, si trova costretto a fare sacrosanti risparmi sulle bollette? Se non ci sono soldi in cassa, al punto che si devono chiedere ulteriori sacrifici, perchè, e sulla base di cosa, si pensa possano esserci domani e, soprattutto, dove si troveranno queste ingenti risorse?debito-pubblico-sovereign

Politicamente scorretto. Un impulso irresistibile

Saranno state le elezioni, quelle nazionali con tutto ciò che ne è conseguito. Saranno le primarie, locali, del centro-sinistra, fatto sta che ho provato l’impulso irresistibile, politicamente scorrettissimo e umanamente liberatorio, di ascoltare lo scandaloso Giorgio Gaber, profetico, anarchico, ancora adesso disturbante per tutti i poteri più o meno costituiti (compreso quello dei più buoni)

Lodi, elezioni primarie: dai giaguari da smacchiare ai gattopardi

Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.

Giuseppe Tomasi di LampedusaIl gattopardo, 1958

E pensare che c’è chi dice che in questo paese non cambia nulla… In realtà è pieno di gente in perenne trasformazione, che muta opinione di continuo. Si potrebbe parlare di quanto succede a livello nazionale dove tutte le forze politiche, dopo aver approvato per un anno qualunque cosa e sostenuto il Governo Monti, ne prendono adesso le distanze o si accorgono improvvisamente, dopo aver arraffato a a destra ed a manca, che la “politica” costa troppo e che il “finanziamento pubblico” va (a parole) abolito. Ma restiamo, invece, a livello locale e  prendiamo le elezioni che si terranno, a Maggio, per la scelta del nuovo sindaco ed, in particolare, le primarie del centro-sinistra (con trattino ma anche senza). Tutto un riposizionarsi, mutare opinione, ravvedersi, giurare che in futuro si faranno cose diverse senza sentirsi in dovere di spiegare cosa gli abbia impedito di farlo prima. Partiamo dal Sindaco che dopo aver affermato che avrebbe portato a termine il suo mandato ha pensato bene di candidarsi e farsi eleggere (auguri Lorenzo, sono contento per te) in Parlamento, poi ci sono tre Assessori che, pur essendo stati parte della stessa esperienza, decidono che ognuno può rappresentarla in modo differente dall’altro e persino un Assessore, Giuliana Cominetti, che decide che quell’esperienza può essere “proseguita” candidandosi magari con il centro-destra (con trattino ma anche senza). Tutto ciò senza che, sulle scelte fatte precedentemente dalla Giunta, ci fosse mai stato un sussurro, un dissenso, un legittimo confronto dialettico. E’ come se l’opzione di Guerini avesse dato il “rompete le righe” e le contraddizioni, o per essere più precisi, le ambizioni fossero esplose. La cosa buffa è che poi tutti i candidati ex-Assessori rivendicano, anche radicalmente, la necessità di cambiare e dicono, più o meno, le stesse cose: trasparenza, fermare il consumo di territorio, innovazione, ecc. Vien da domandarsi perchè non abbiano detto nulla quando negli Enti si rieleggevano per l’ennesima volta i vari Redondi, Lottaroli o Benelli, come possano conciliare la riduzione del consumo di suolo e la salvaguardia del territorio con la previsione, approvata e sostenuta anche da loro, di sacrificare 395.000 mq. di territorio per il Business Park o con il PGT che hanno votato senza battere ciglio od ancora con la distruzione di “Villa Bianchi”, perchè la trasparenza la scoprano adesso e molte altre cose ancora. La realtà è che le primarie, in generale ma queste di Lodi in particolare per numero dei candidati, lungi dall’essere un modo per scegliere il migliore dei candidati possibili per vincere poi alle amministrative, assomigliano sempre di più ad una Fiera delle vanità, dove non si confrontano opzioni politiche diverse ma ambizioni diverse e dove a contare non è la sostanza ma l’immagine. Una specie di arena virtuale in cui si può essere uno e trino: governo, ma anche opposizione, classe politica ma anche società civile e in cui il confronto, dato che non avviene sulle cose, assume toni ultra-populistici ( Grillo in confronto ad alcuni candidati nostrani è un dilettante allo sbaraglio, leggetevi ad esempio il programma dell’ex Assessore alla Cultura). Certamente non voglio sostenere con questo che tutti i candidati siano uguali, esistono differenze significative  sia per qualità umane che per capacità amministrative messe in mostra, stimo Silvana Cesani ed apprezzo il suo lavoro e ritengo che Simone Uggetti abbia buone capacità amministrative. Ma a sconcertare è la balcanizzazione che le primarie stanno mostrando e l’assoluta rimozione del passato: come se questa città non scontasse ancora adesso scelte fortemente condizionate dall’allora imperante Banca Popolare, come se il fatto che abbiamo un Museo chiuso da vent’anni non portasse responsabilità precise, come se il buco di 800.000 euro del Consorzio di Formazione Professionale non fosse cosa che riguarda il Comune così come la progressiva trasformazione dell’Astem in una “Bad Company” che viene usata dalla giunta come un Bancomat, come se il ” fare diversamente ” non comportasse una profonda rivisitazione delle scelte compiute. Un bel colpo di spugna e via,  tutti lanciati verso sorti magnifiche e progressive quasi che le primarie si dovessero tenere non aLodi ma a Collegno, patria di noti smemorati.

Devo però dire che gli ex-Assessori mi hanno convinto, è ora di cambiare: per questo , facendomi un pò di violenza, alle primarie ci andrò, non voterò nessuno degli ex-Ammministratori ma sosterrò la candidatura, assolutamente civica e nata all’interno di una vera necessità di discontinuità, di Michela Sfondrini. Michela il suo dissenso e la sua voce, quando è stato necessario, non ha mai avuto paura di farli sentire e di cambiamento e rinnovamento può parlare a pieno titolo

Chi volesse saperne di più sulla cadidatura di Michela può andare qui:

 http://www.facebook.com/meglio.michela

 http://www.facebook.com/MichelaSfondrini.Megliomichela?fref=ts

L’odore delle armi

Gli uomini sono sempre sinceri. Cambiano sincerità, ecco tutto. (Thomas Bernard)

“Il Cittadino” di qualche giorno fa, a seguito dell’annuncio del Sindaco Guerini di candidarsi alle elezioni, ha pubblicato una lettera che mi sembra utile pubblicare qui sotto. La lettera, a prescindere dalla forma e dalla sintassi alquanto aggrovigliate e zoppicanti, esprime compiacimento per la candidatura e rivolge una serie di apprezzamenti all’operato del nostro, ormai ex, Sindaco. Tutto legittimo e nulla di strano, se non fosse che la lettera è firmata dal Sig. Francesco Staltari. Prima di ricordare chi è Francesco Staltari e spiegare perchè la trovo certo dovuta ma quantomeno di singolare contenuto vi invito a leggerla:

In riferimento al dibattito ormai aperto in città, relativamente alla candidatura di Lorenzo Guerini al Parlamento ed al relativo commissariamento, ritengo doveroso intervenire sulla questione. 
In questi 8 anni di presenza in consiglio comunale ho avuto modo di apprezzare l’operato della giunta Guerini in particolare nei momenti di difficoltà con la presenza assidua proprio del nostro sindaco che con autorevolezza ha gestito le proprie linee di mandato.
Ritengo che lo stesso non avrebbe essere potuto portato a termine dalla compagine di centro destra della quale ho pur fatto parte. Più volte frammentata, poco propositiva e spesso vittima di lotte interne che, secondo il mio parere, non hanno apportato valore aggiunto alle scelte seppur faticose e pesanti in gravi momenti di crisi economica e sociale.
È in questo che leggo la crescita di Guerini che ritengo uomo serio e pronto per un incarico importante quale quello di parlamentare in grado sicuramente di tradurre le istanze del nostro territorio in un livello più alto.
Il commissariamento poi non credo debba preoccupare i cittadini di Lodi in quanto si tratta di un breve passaggio che ci porterà ad una campagna elettorale in cui si misureranno i valori delle forze in campo e spero di vedere, da parte del nostro centro destra, dei temi che non siano centrati solo ed esclusivamente sulla «questione Guerini» altrimenti oltre che essere «alla frutta» sarebbe troppo riduttivo anche da un punto di vista intellettuale.
Per questi motivi ho ritenuto effettuare delle scelte precise che mi porteranno ad una candidatura in parlamento con delle chiare linee programmatiche. Francesco Staltari

Di primo acchito, una volta che con qualche fatica si è compreso il contenuto, verrebbe da ritenerlo un gesto tutto sommato nobile: quello di un consigliere comunale che rende l’onore delle armi all’avversario riconoscendone il valore politico. Il problema è che il Sig. Staltari, che non ho la ventura di conoscere personalmente, ha, a mio avviso, concreti motivi per spendere parole di stima e gratitudine nei confronti dell’operato del nostro ex-Sindaco e dalla sua Giunta. Giova ricordare chi è Francesco Staltari che, oltre ad essere Consigliere Comunale eletto nelle file del PDL (2° tra gli eletti) da cui poi è uscito per aderire ai “Popolari per l’Italia di Domani”, è anche uno dei titolari della “T.C. Costruzioni”, la ditta a cui è stata affidata la ristrutturazione dell’ex-distributore di V.le Dalmazia, quello che doveva essere ristrutturato e poi è stato abbattuto con un improvviso, quanto opinabile, cambiamento di orizzonte. Di quella poco chiara vicenda, che ha visto l’accertamento di abusi edilizi compiuti durante i lavori (sanati poi con la ridicola ammenda di €. 2.431,60) e che ci lascerà in dote un eco-mostriciattolo, se ne è parlato diffusamente in Città e sul blog e vi invito, per rinfrescarvi la memoria o farvene un’idea, a leggervi alcuni dei post pubblicati: 1 – 2 – 3ma soprattutto per avere più informazioni su chi è il Sig. Staltari, 4 (Ex distributore: coincidenze ed assonanze). Ma l’ex-distributore non è l’unico motivo di riconoscenza che Staltari e la sua impresa hanno nei confronti dell’operato dell’Amministrazione Comunale. Mi risulta con certezza, infatti, che all’impresa del Consigliere d’opposizione Staltari siano stati affidati, senza bando d’appalto, lavori “sotto soglia” da eseguire per conto dell’Amministrazione Comunale. I lavori “sotto soglia”, per intenderci,  sono quelli che hanno un importo inferiore ai 100.000 euro e che, a scelta dell’Aministrazione  e per particolari motivi, possono essere affidati seguendo una procedura semplificata rispetto alle normali forniture. Nella sostanza l’Amministrazione si sceglie direttamente il fornitore. E’ quanto meno irrituale, discutibile sul piano politico, su quello del dovere di assicurare parità di trattamento a tutti gli operatori economici e della trasparenza amministrativa che la scelta sia ricaduta proprio sull’impresa di un consigliere comunale. Un caso eclatante di quei conflitti di interessi così diffusi nel nostro paese e che, evidentemente, non risparmiano l’Amministrazione Comunale di Lodi. Ed un elemento per comprendere meglio la “strana” lettera del Consigliere Staltari.

Balasso e l’anno nuovo

Caustico, irriverente, iconoclasta, Natalino Balasso è uno dei “comici” (ma la definizione è riduttiva) più intelligenti in circolazione. Non a caso ormai appare raramente in televisione. Sicuramente di gran lunga più credibile del discorso di fine Anno del Presidente stalin/liberista Giorgio Napolitano

Sassolini

E’ abitudine, ad ogni inizio d’anno, fare alcuni buoni propositi. Io ne approfitterò invece per fare qualche riflessione sparsa, delle molte che si sono accumulate durante il 2012, e togliermi qualche sassolino dalla scarpa dando anche – si, salgo in cattedra, ohibò – qualche voto alla maniera di Gianni Mura (che, clemente, mi perdonerà).

Sassolino 1: E così alla fine Lorenzo Guerini si candida. Conosco Lorenzo da molti anni, fin da quando era un giovane Assessore democristiano nella Giunta Magrini. In qualche modo è stato, almeno localmente, l’ultimo prodotto di qualità dei quel grande vivaio politico che era la D.C. Ci ho avuto a che fare spesso in ambiti politici diversi e, pur nella forte diversità d’opinioni, devo dire che ne ho stima. Ho avuto modo di apprezzarne le capacità e l’indubbia intelligenza ed anche qualità umane di pregio. Per questo mi sento di dire che la scelta di candidarsi alle politiche sia sbagliata e costituisca un neo in un percorso che fino ad ora aveva avuto una sua coerenza. Scelta comprensibile, dal suo punto di vista e sul piano delle legittime aspirazioni di chi ha deciso di pensare alla politica come professione, ma incoerente con la decisione di candidarsi per la seconda volta a Sindaco di Lodi, con l’impegno che si è assunto di fronte agli elettori lodigiani e con le dichiarazioni fatte non più tardi di qualche mese fa. La politica, se la si intende come servizio, non è un tram in cui si decide a quale fermata scendere e l’impegno ad amministrare una città, seppur piccola come la nostra, è un contratto da onorare fino alla scadenza. Incoerente. Voto 5

Sassolino 2: Si sono finalmente conclusi i lavori di sistemazione di Via Fanfulla e delle zone limitrofe riconsegnandoci vie in cui i marciapiedi sono scomparsi e però, in compenso, è apparso un bel limite di velocità di 20 all’ora, riccamente segnalato attraverso ridondanti (e un po’ kitsch) decorazioni in porfido ( e quando il limite cambierà cosa succederà? Si rifarà la pavimentazione in porfido?). Il Comune di Lodi, in uno scoppiettante Comunicato stampa, ci fa sapere che è una ” Zona 20 ” a precedenza pedonale e che tutto è stato fatto per ” migliorare significativamente la qualità della vita per i residenti dell’area  nonché la fruibilità da parte di ogni altro frequentatore”  e ” per accrescere la percezione degli utenti di trovarsi in un’area in cui le automobili non sono più il soggetto principale della strada”. Sarà, ma per me è una gran minchiata. Lo dico da pedone che ogni giorno per recarsi al lavoro percorre più volte quelle vie che, come sa chiunque le frequenti,  sono strette, trafficate  e pericolose: la presenza di marciapiedi era l’unica piccola salvaguardia esistente per i pedoni, utenza debole per eccellenza. La prossima volta che costretto dalle chicane, evidentemente immaginate in un delirio nottuno dai nostri amministratori,  camminerò in mezzo alla strada e sarò in procinto di essere investito da un SUV,  proverò a fermare il SUV suddetto ed a ricordargli che ” pedoni, ciclisti e utenti deboli hanno la precedenza sul traffico veicolare, grazie ad una adeguata conformazione della carreggiata, degli spazi di sosta e dell’arredo urbano, mirata al controllo della velocità dei veicoli motorizzati “. Non so se sarò qui a raccontarvi cosa succederà poi. Velleitario e pericoloso. Voto 3 ( e, a proposito di Moral Suasion, vi rimando a Nanni Moretti)

Sassolini 3 e 4: Dato che la questione ha a che fare con il lavoro che svolgo ne parlerò solo marginalmente e senza entrare nel merito (cosa, peraltro, su cui avrei molto da dire). Apprendo che il Comune di Lodi per l’inaugurazione della nuova Biblioteca Comunale ha invitato il Ministro ai Beni Culturali Ornaghi. Complimenti per la scelta. Il Ministro Ornaghi passerà alla storia come uno dei peggiori che il nostro paese abbia avuto. Inutile, totalmente indifferente alle sorti del patrimonio del nostro paese, sarà ricordato solo per la nomina “politicamente clientelare” di Giovanna Melandri al Maxxi di Roma. Per un giudizio più esteso vi rimando all’articolo de “Il Fatto Quotidiano“. Mi limiterò a dire che è un po’ come se il mostro di Firenze fosse stato invitato ad un convegno di ginecologia. Quarto e ultimo sassolino: a qualche passo dalla Biblioteca c’è la Cavallerizza che da oltre vent’anni e passando attraverso la continuità di ben quattro amministrazioni di Centro-Sinistra attende di diventare sede del Museo Cittadino. Una vicenda intricata, costellata da errori amministrativi e questioni giudiziarie, con il risultato che da tempo ciò che era custodito dal vecchio Museo (una volta ospitato nel Palazzo dei Filippini insieme alla Biblioteca) è nascosto ed inaccessibile e Lodi non ha più, da tempo, una struttura museale. Un vero e proprio scandalo, sia per le risorse economiche gettate al vento, sia perchè sminuisce le potenzialità in ambito culturale della nostra città. Forse il Ministro Ornaghi dovrebbe essere portato, visto che è a pochissimi passi, a fare un giro anche lì e forse l’attivissimo Assessore alla Cultura del Comune di Lodi, tra un festival e l’altro, dovrebbe occuparsi di queste quisquiglie e pinzillacchere. Presumiamo invece che, dopo i discorsi di rito e la prosopopea inaugurale, accompagnerà il Ministro al buffet che forse è il luogo (culturale, se vogliamo) che Ornaghi più ha frequentato in questi ultimi mesi e che, a ben guardare, più gli si addice. Evasivo e superficiale (L’Assessore). Voto 3 Inutile (Il Ministro) Voto 0

Tutto a Poste

Ieri: come, sfortunatamente, mi capita talvolta di dover fare, vado alla sede centrale delle Poste Italiane, quella di Via Fascetti, per fare un versamento – tramite bollettino postale – di contributi che devo all’INPS. So già, prima di entrare e forte dell’esperienza, quello che mi aspetta, ma dentro di me covo l’intima speranza di essere smentito. Mentre entro guardo il bollettino e rifletto. Quelli che devo versare sono contributi all’INPS ed il versamento lo si fa alla Banca Popolare di Sondrio che se non ricordo male è la città natale dell’ex ministro Tremonti, quello che non c’era ed adesso riverginato fa analisi no-global, ed anche il suo feudo elettorale. La coincidenza mi colpisce, ma nemmeno più di tanto. I conflitti di interesse sono la colonna portante di questo paese, sono presenti in ogni ambito, locale e nazionale, e riguardano, purtroppo, destra e sinistra in egual misura. Ne prendo atto ed entro. Dopo 30 minuti, provvisto del mio bel numerino, ho ancora davanti almeno 10 persone e, fino a quel momento, c’è un solo sportello aperto per chi deve fare versamenti. Esattamente quello che mi aspettavo ed esattamente ciò ogni volta mi trovo di fronte. Intendiamoci: la colpa non è certo dei poveri dipendenti che, anzi, si danno molto da fare e lavorano sicuramente in una situazione di forte stress. Il problema è che aspetto, insieme a qualche altra decina di persone, in uno spazio che ospita scaffali che offrono giochi per bambini, cd musicali, libri, gadget di tutti i tipi, nulla che abbia a che fare con quelli che dovrebbero essere, e sono stati fino a non molti anni fa, i compiti isitituzionali dell’ente. Che ha a che fare l’ultimo cd di Shakira con il versamento del mio bollettino? Cosa c’entra il “gratta e vinci” (sì, si può acquistare anche quello) con la spedizione di raccomandate e pacchi postali? Perchè viene sottratto personale prezioso all’esigenza di fornire servizi veloci ed efficienti e vengono dirottati mezzi ed energie per allestire e gestire spazi che hanno a che fare più con i suk arabi che con un servizio pubblico? Perchè le poste devono fare concorrenza a librerie, negozi di giocattoli, cartolerie e quant’altro? Perchè si è costruito un edificio faraonico, come quello di Via Fascetti, distruggendo un parco se poi lo spazio serve a tenere aperti duesportellidue? Le domande, lo so da me, sono oziose e le risposte scontate. Da carrozzone a mercato, questa è la trasformazione che manager superpagati ed interessi economici precisi e legati al potere politico sono riusciti a partorire. Alla faccia del pubblico interesse, della cosiddetta modernizzazione ed anche del mio bollettino.

A proposito: per lavoro non più tardi di due mesi fa ho dovuto spedire da Lodi, per lettera, degli inviti ad enti pubblici della Provincia. Ho scoperto che, nella gran parte, sono arrivati dopo tre settimane. Se avessi legato le buste al guscio di tante lumachine sarebbero probabilmente arrivate prima. Però in compenso, ieri, all’ufficio postale, uscendo dopo un’ora di attesa mi sono comprato un bel portachiavi… sono soddisfazioni…

Le elezioni (primarie)

La valanga di retorica e l’immenso spreco di energie che hanno accompagnato le primarie del PD, pardon del centrosinistra, mi provocano un leggero senso di nausea. Un buon antidoto è tornare alla sana ironia, ed all’immensa intelligenza, con cui Giorgio Gaber, in tempi meno carichi di retorica e in cui la dialettica non era posticcia, trattava l’argomento. Sostiuite alla parola elezioni il termine primarie ed il gioco è fatto. Come mi manca Giorgio Gaber…

Evasioni. La daga nel loden ovvero la politica del manganello

Fa una certa impressione constatare che il solo Beppe Grillo abbia stigmatizzato quanto mostrato da immagini televisive e video amatoriali: ragazzi presi, senza alcun ritegno, a manganellate da forze dell’ordine schierate a difesa di palazzi del potere che, non si sa bene in virtù di quale considerazione, devono rimanere off limits ed immuni (oltre che sordi) a qualunque protesta. Uno spettacolo che in questi anni, dalla Diaz in poi, si è purtroppo visto con sempre maggiore frequenza. Una violenza abnorme, ingiustificata, diretta di volta in volta contro studenti che protestavano, operai in lotta per mantenere il proprio posto di lavoro, pensionati scesi in piazza a rivendicare i loro diritti. In assoluta continuità con i governi Berlusconi il compito esecutivo dei tecnici, sotto i modi cortesi ed il loden tirolese, nasconde il manganello ed una sostanziale incapacità di confrontarsi con chi decide di non adeguarsi alle leggi indiscutibili dello spread e del mercato. Del resto, si sa, i professori universitari amano spesso stare in cattedra ed altrettanto spesso non gradiscono le domande. A colpire (colpirmi) non è solo il tasso di violenza che le immagini mostrano, ma il fatto che venga rivolta contro giovani a cui viene costantemente rimproverato il loro presunto disinteresse nei confronti della politica e della sfera pubblica. E poi, subito dopo, la solitudine nella quale vengono lasciati, anzi spinti, anche da forze di centro-sinistra (Vendola, purtroppo, compreso) unicamente preoccupate di “prendere le distanze”.  Il problema è che quando poi della politica, e del loro futuro, i giovani decidono di occuparsene in prima persona vengono respinti a manganellate in testa. Il messaggio è chiaro: statevene buoni, zitti e a casa, lasciateci lavorare e non rompete, limitandovi ad accettare pazientemente un futuro da disoccupati e precari. Se proprio volete occuparvi di politica potete sempre fare il pubblico plaudente, e silente, a qualche bel confronto- stile X Factor – nelle primarie del centro-sinistra

Il resto lo lascio al bel commento apparso oggi sul Manifesto a firma Marco Bascetta:

I tecnici del manganello

Se nelle piazze italiane di 87 città, da Milano a Torino, da Roma a Napoli, da Padova a Brescia e a Pisa abbiamo visto in azione ieri i «professionisti della violenza», questi indossavano immancabilmente caschi blu, anfibi e pantaloni con la riga rossa. 
I tecnici del manganello hanno dato prova di una tecnica assai primitiva: menar botte da orbi su chi capitava a tiro e incutere il massimo di terrore a una massa imponente di giovani e giovanissimi, in gran parte alla loro prima esperienza di piazza. Mai visti prima, ignoti perlopiù alle stesse realtà consolidate di movimento. Poca organizzazione, nessun disegno preordinato, molta rabbia e molto coraggio nell’affrontare tutti insieme una violenza spropositata, improvvisa e incomprensibile. Solo la consueta faziosità dei media, smentita da numerose immagini e testimonianze, ripropone il trito dualismo tra tanti giovani di buona volontà e frange organizzate di militanti pronti allo scontro e inclini al saccheggio. 
A Roma, con una scelta ai limiti della follia, la polizia blocca il corteo in un punto del lungotevere assolutamente privo di vie di fuga. Non si vuole disperdere, si vuole picchiare. Il panico avrebbe potuto provocare un vero disastro. Perché solo in Italia a un corteo è interdetto, a colpi di lacrimogeni e di manganello, di portare la propria voce sotto le finestre della cittadella del potere? Un corteo che non aveva nulla di minaccioso se non la sua sacrosanta distanza dalle rappresentanze politiche. 
E il suo rifiuto delle logiche indiscusse e indiscutibili che governano la gestione della crisi, fuori da ogni dimensione democratica. Nella capitale d’Italia esiste, come a Pechino, la città proibita e la sua inviolabilità non riguarda in alcun modo una questione di ordine pubblico, o una minaccia reale per i suoi disprezzati abitanti, ma un fatto simbolico, un gesto di arroganza che segna il confine netto tra governanti e governati. Confine che nel tempo del governo tecnico e postdemocratico, conviene sottolineare ulteriormente e senza equivoci. A Roma come ad Atene o a Madrid, dove pur governa una destra politica screditata e ormai invisa ai più e dove una marea montante di indignati e di incazzati invade la città. C’è un principio decisivo e mai enunciato nella dottrina della «spending review»: i bastoni costano meno delle carote. E, soprattutto, non alimentano illusioni. È possibile non far tornare più questo conto? Finora neppure i greci ridotti allo stremo e impegnati in una estenuante guerra di piazza ci sono riusciti. 
Ma con ogni evidenza, soprattutto tra le giovani generazioni, colpite fino all’inverosimile dalle politiche di austerità, dileggiate dalla stupidità e dall’improntitudine dei governanti, bastonate a ogni tentativo di insorgenza, sta crescendo un temibile fronte del rifiuto dal quale l’Europa distoglie lo sguardo, contando sulla frammentazione dei dominati nei diversi paesi del continente e sulla solida unità delle sue oligarchie. È un movimento in larga parte spontaneo, sospinto dall’esperienza individuale e collettiva e dalle nuove forme politiche che questa va assumendo più che dall’ideologia. Su questa prospettiva si abbattono i manganelli.

Un anno

Ieri c’erano proprio tutti o quasi. Ognuno con la sua vita, le sue malinconie, le sue ritrosie. Erano però tutti sinceramente lì per te, era un sentimento vero quello che si avvertiva nell’aria confuso con il rimpianto. Ne saresti stata felice, ti piaceva la gente, ti piaceva incontrarla e, ad incontrala, ci provavi sempre, davvero. Non importava quanto il terreno fosse scosceso, scivoloso. Ci provavi. Ed avresti riso e, forse, pianto ma ne saresti stata felice. E’ un anno che non ci sei. Ti cerco, ovunque, ma non so dove tu sia, ti vedo e sento ovunque e contemporaneamente in nessun posto. Continuo ad amarti, del resto per me è come respirare e di respirare non si può farne a meno. Ti abbraccio

Secondo avviso ai naviganti: Villa Bianchi su Rai 3

Chi fosse interessato al servizio su Villa Bianchi può vederlo, tra le 7.30 e le 8.00, Venerdì 28/9 all’interno della trasmissione “Buongiorno Regione”. Tutti coloro che non amano le levatacce o sono già lontani da una TV possono anche vederselo comodamente in Streaming, durante la giornata, all’indirizzo http://www.tgr.rai.it/dl/tgr/regioni/PublishingBlock-d1771bdd-3372-4621-b543-25e70b1cdb11.html 

Un altro servizio, diverso da quello che verrà trasmesso Venerdì, sarà inoltre trasmesso un Sabato di Ottobre tra le 12.25 e le 13.00 sempre su RAI 3

Avviso ai naviganti: Domenica 23 tutti a Villa Bianchi

A dar retta a quanto pubblicato da “il Cittadino” di oggi qualche piccolo spiraglio, nella vicenda di Villa Bianchi, sembra aprirsi. L’articolo di Cristina Vercellone racconta di una disponibilità della proprietà, espressa dal suo legale Avv. Cornalba, peraltro in termini molto ambigui (si parla di arretramento dell’edificio previsto ed addirittura di realizzazione di un nuovo piano), a ragionare sulla vicenda anche in termini di scambio di aree e rifrisce  di una volontà a prendere in considerazione tale possibilità da parte dell’Assessore Uggetti. Quanto questa disponibilità sia reale e quali conseguenze possa comportare (anche in termini di impatto possibile su altre aree) lo vedremo. Ciò che è certo è che, stante gli strumenti urbanistici vigenti, quella del trasferimento della volumetria attualmente in diritto della proprietà è una delle strade percorribili ed anche che il Comune di Lodi non può chiamarsi fuori dal conflitto e deve rendersi protagonista attivo nel trovare una soluzione che salvaguardi la Villa. Non solo perchè titolare della procedura in corso, ma anche perchè tocca all’Ente rispondere alle ormai numerose richieste di salvaguardia facendole proprie e ponendo rimedio ad un problema di cui, non va dimenticato, è all’origine. Vale infatti la pena di ricordare che il progetto in discussione è possibile solo perchè c’è stata l’approvazione di un’osservazione della proprietà attuale che, al momento dell’approvazione nel 2010 del PGT, ha reso “edificabile” l’area verde che circonda la villa. 

L’articolo riporta anche una dichiarazione del Capo Delegazione del F.A.I. di Lodi che aupicando anch’essa la soluzione di uno scambio d’aree riesce però ad affermare che il progetto attuale “…non sembra così disprezzabile...”. Che dire? Un’affermazione contradditoria, ambigua e priva di senso. Va ribadito: la realizzazione del progetto attuale, od il semplice scostamento di qualche metro del nuovo edificio, rimanendo nell’ambito del perimetro sarebbe una iattura. Chi dice il contrario dovrebbe forse riflettere di più e si prende una non piccola responsabilità nei confronti dell’opinione pubblica.

Detto ciò il post vuole invitare tutti coloro che hanno a cuore Villa Bianchi ed il suo destino ad essere presenti Domenica 23 alle ore 10.00 di fonte alla Villa. Una troupe della R.A.I. girerà un servizio su quanto sta avvenendo. E’ un momento importante per dare visibilità alle posizioni di chi vuole tutelare la Villa. Una presenza numerosa aiuterebbe a testimoniare un interesse attivo