Archive for the ‘Ambiente’ Category

Avviso ai naviganti: Domenica 23 tutti a Villa Bianchi

A dar retta a quanto pubblicato da “il Cittadino” di oggi qualche piccolo spiraglio, nella vicenda di Villa Bianchi, sembra aprirsi. L’articolo di Cristina Vercellone racconta di una disponibilità della proprietà, espressa dal suo legale Avv. Cornalba, peraltro in termini molto ambigui (si parla di arretramento dell’edificio previsto ed addirittura di realizzazione di un nuovo piano), a ragionare sulla vicenda anche in termini di scambio di aree e rifrisce  di una volontà a prendere in considerazione tale possibilità da parte dell’Assessore Uggetti. Quanto questa disponibilità sia reale e quali conseguenze possa comportare (anche in termini di impatto possibile su altre aree) lo vedremo. Ciò che è certo è che, stante gli strumenti urbanistici vigenti, quella del trasferimento della volumetria attualmente in diritto della proprietà è una delle strade percorribili ed anche che il Comune di Lodi non può chiamarsi fuori dal conflitto e deve rendersi protagonista attivo nel trovare una soluzione che salvaguardi la Villa. Non solo perchè titolare della procedura in corso, ma anche perchè tocca all’Ente rispondere alle ormai numerose richieste di salvaguardia facendole proprie e ponendo rimedio ad un problema di cui, non va dimenticato, è all’origine. Vale infatti la pena di ricordare che il progetto in discussione è possibile solo perchè c’è stata l’approvazione di un’osservazione della proprietà attuale che, al momento dell’approvazione nel 2010 del PGT, ha reso “edificabile” l’area verde che circonda la villa. 

L’articolo riporta anche una dichiarazione del Capo Delegazione del F.A.I. di Lodi che aupicando anch’essa la soluzione di uno scambio d’aree riesce però ad affermare che il progetto attuale “…non sembra così disprezzabile...”. Che dire? Un’affermazione contradditoria, ambigua e priva di senso. Va ribadito: la realizzazione del progetto attuale, od il semplice scostamento di qualche metro del nuovo edificio, rimanendo nell’ambito del perimetro sarebbe una iattura. Chi dice il contrario dovrebbe forse riflettere di più e si prende una non piccola responsabilità nei confronti dell’opinione pubblica.

Detto ciò il post vuole invitare tutti coloro che hanno a cuore Villa Bianchi ed il suo destino ad essere presenti Domenica 23 alle ore 10.00 di fonte alla Villa. Una troupe della R.A.I. girerà un servizio su quanto sta avvenendo. E’ un momento importante per dare visibilità alle posizioni di chi vuole tutelare la Villa. Una presenza numerosa aiuterebbe a testimoniare un interesse attivo      

Una proposta interessante. La colpevole inerzia del Comune di Lodi

Pubblico uno stimolante contributo, firmato dall’Ing. Moro (già dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune di Lodi). L’idea, oltre ad essere estremamente interessante, e per me condivisibile, testimonia anche dell’inerzia delle istituzioni locali in merito a Villa Bianchi. Non solo, come ricorda l’Ing. Moro, è trascorso molto tempo durante il quale le istituzioni hanno assistito inerti e senza avviare nessuna efficace azione di tutela al degrado dell’edificio ma, al contrario, l’unico atto assunto dall’Amministrazione Comunale in carica è stato l’accoglimento di un’osservazione al Piano di Governo del territorio, presentata il 16/6/2010 dalla società “Forum srl” (la stessa che ha presentato il progetto ora in discussione), che di fatto ha creato i presupposti per rendere possibile e legittimo quanto ora viene proposto.

Da “Il Cittadino” del 14 Settembre 2012

Riapro un vecchio computer e ritrovo questa lettera inviata al nostro amato giornale.

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Lodi, 15 settembre 2001
Transitando alcuni giorni or sono in Viale Milano ho visto il cartello “vendesi” sulla villetta antistante il Tribunale, che, a mio giudizio, costituisce forse il migliore esempio di architettura razionalista, esistente in Lodi.
È opera, progettata credo attorno al 1934-1935 dall’Ing. Pietro Grignani, fino a qualche anno fa notissimo tecnico lodigiano, che spero non sia stato dimenticato. A lui si devono, fra l’altro, le scuole professionali presso il ponte dell’Adda (oggi media Barzaghi), la scuola media Ada Negri (in collaborazione con l’Arch. Muzio), il demolito teatro Gaffurio in Viale IV Novembre. Opere tutte, tuttavia, che a mio parere non raggiungono la chiarezza progettuale della villetta di Viale Milano, idonea a rappresentare con la massima dignità anche Lodi nel panorama dell’architettura europea fra le due guerre mondiali. Sarebbe, pertanto, una grande perdita per la storia architettonico – urbanistica di Lodi, se tale edificio venisse alterato, o peggio ancora demolito, da un suo eventuale nuovo proprietario.
Ed allora ecco il mio appello-proposta: perché non acquistarlo da parte di un ente pubblico (il Comune, la Provincia?), restaurarlo fedelmente, e destinarlo a sede di un Museo d’Arte Moderna del Lodigiano, fino ad oggi inesistente, se non nei ripostigli di qualche municipio o pinacoteca? Il Museo potrebbe costituire il primo tassello per la sistemazione urbanistica di tutta la zona di Porta Milano, che la Giunta Municipale aveva annunciato voler fare oggetto di un concorso di idee, del quale, però, si sono perse le tracce.
“Lodi deve volare alto e pensare in grande”, scrive il dott. De Carli su “Il Cittadino” di sabato 15 settembre; ecco, questo potrebbe essere almeno un “voletto” non insignificante.

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Sono passati undici anni.
La “casa Bianchi” è ancora di attualità, soprattutto per le polemiche che sta suscitando il progetto di “recupero” (a proposito, un appunto per l’architetto progettista: la villa non è mai stata bianca, ma colorata come attualmente!!).
Da allora Lodi in qualche episodio ha “volato alto” (Passeggio, Lungo Fiume); non certo adesso che si viaggia radenti il suolo.
Purtroppo più alto ancora ha “volato” il dottor De Carli. Così come fra poco volerà via la provincia. Del concorso di idee su Porta Milano, la Giunta Municipale si è del tutto dimenticata, ammesso che abbia ancora un senso dopo il “pasticcio” dell’ex distributore Agip.
A dispetto di tutto, ripropongo il mio appello-proposta di allora. Una unità di intenti fra pubblico e privato potrebbe tentare di attuarlo.

 

Villa Bianchi: ce la possiamo fare

Credo sia utile provare a fare il punto sulla vicenda di Villa Bianchi di cui, sull’onda dello sconcerto provato di fronte al progetto presentato dalla proprietà, si è recentemente occupato questo blog promuovendo una raccolta di firme a tutela dell’edificio progettato dall’Ing. Grignani. La petizione, dettata più da un impulso del cuore che da una reazione meditata, ha avuto un effetto che è andato ben al di là di quelle che potevano essere le aspettative iniziali ed ha evidenziato una sensibilità, sull’argomento, niente affatto scontata.

Ad oggi la petizione ha raccolto circa 120 firme, di cui alcune decisamente illustri. La prima tranche di firme è già stata spedita al Sindaco ed alla Giunta Comunale, ai capogruppo consiliari ed ai membri della Commmissione comunale paesistica (che sul progetto dovrà esprimersi). La consegna delle firme è stata accompagnata da una lettera che recitava così “… alla luce di ciò vi chiediamo di bloccare la realizzazione del progetto attualmente in iter, perché incompatibile con la tutela respingendo ogni ipotesi di realizzazione di manufatti nell’area della villa, avviando un confronto con la proprietà al fine di mettere in primo piano la salvaguardia e la conservazione dell’edificio e facendovi promotori di un vincolo di conservazione sulla stessa…”. Alla raccolta firme si sono anche affiancate alcune iniziative, significativamente trasversali, nate in ambito politico: una interrogazione a firma del Consigliere del centro-Destra Vittorio Sala ed un’iniziativa di “Prossima Lodi” (gruppo che fa capo al P.D.) che riporto in calce e che preannuncia alcuni passi importanti. Elementi emblematici che si aggiungono alle richieste di tutela da tempo avanzate da importanti associazioni (Touring club, Italia Nostra, Società storica, ecc.) e  fanno sperare che il destino della Villa possa non essere segnato come solo si temeva due settimane fa. Molto, anzi tutto, dipenderà dal Comune di Lodi, dalla sua sensibilità alla salvaguardia del patrimonio storico ed architettonico cittadino (qualità che, fino ad ora, non ha dimostrato possedere in abbondanza), dalla sua permeabilità ad una sensibilità apparsa diffusa in città ed agli illustri appelli che sono fioccati da più parti, dalla sua disponibilità a mettersi in gioco e di prospettare uscite concrete dal cul de sac in cui con le sue stesse mani, approvando un’osservazione collaterale al P.G.T che ha creato i presupposti per rendere possibile la presentazione dui un progetto come quello in discussione, si è andato a cacciare. Le prossime settimane ci diranno se il Comune ha la forza politica sufficiente per ritornare sui suoi passi e salvare Villa Bianchi.

Nel frattempo rivolgo un’appello a tutti coloro che leggono il blog perchè firmino, se non l’hanno ancora fatto, e facciano firmare la petizione (trovate l’accesso a fianco). Sarebbe importante che prima della riunione della Commissione paesistica, prevista per il 18/9, riuscissimo a consegnare in Comune quante più firme possibili. Segnalo anche che è possibile segnalare “Villa Bianchi” sul sito del F.A.I.  “Luogo del cuore” http://www.iluoghidelcuore.it/villa-bianchi

Il Comunicato stampa di ” Prossima Lodi”

Patrimonio storico in pericolo? Prossima Lodi si mobilita per la cultura e si rivolge alMinistero e alla Giunta Guerini

La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale deve costituire un elemento fondamentale dell’azione amministrativa del Comune di Lodi e per questo non possiamo continuare ad abbandonare al proprio destino gli edifici che hanno fatto la storia, anche recente, della nostra città.
ProssimaLodi si mobilita in difesa di Villa Bianchi, uno dei più importanti esempi di architettura razionalista presente sul territorio, da troppi anni in condizionidi degrado e che oggi è sotto la minaccia di un intervento edilizio che rischia di cancellare definitivamente le caratteristiche dell’edificio e del giardino.
Già molti cittadini ed autorevoli organismi ed associazioni culturali – da Italia Nostra alla Consulta Regionale degli architetti della Lombardia, dal Touring Club Italianoall’Istituto Nazionale di Urbanistica – hanno più volte lanciato appelli in difesa di questa architettura del Movimento Moderno. Appelli che sono finora rimasti inascoltati da tutti gli enti competenti, locali e centrali.
“Neiprossimi giorni, – dichiara Giorgio Daccò del Partito Democratico – in qualità diconsigliere comunale presenterò una richiesta formale, con una istanza diverifica dell’interesse culturale, ai sensi dell’art. 12 del Codice dei beniculturali e del paesaggio, rivolgendomi alle sedi opportune: Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione regionale per i beni culturali paesaggistici della Lombardia e Soprintendenza”.
Contemporaneamenteed in attesa del termine dell’istruttoria – che è certo e fissato per legge – ProssimaLodi chiede alla Giunta Guerini un impegno concreto sulla vicenda al fine di garantire un interesse pubblico reale: la piena tutela e valorizzazione di un patrimonio architettonico culturale che appartiene alla storia dell’intera comunità lodigiana. Esistono strade percorribile anche applicando le attualinorme del PGT, per recuperare l’edificio senza nulla togliere all’operatore privato. Finalmente, dopo anni di grave abbandono, oggi c’è un interlocutore unico con cui confrontarsi e che ha dichiarato la sua disponibilità adintervenire. E’ quindi nell’interesse dell’intera città trovare una soluzione capace di garantire la piena sostenibilità del progetto sotto tutti i profili,con criteri appropriati e rispondenti ai valori culturali presenti.
Nelfrattempo, oltre ad invitare tutti i lodigiani che hanno cuore le sorti dellacultura materiale e storica della città a sottoscrivere l’appello on-line (http://www.petizionionline.it/petizione/salviamo-e-tuteliamo-villa-bianchi-a-lodi/7804), Prossima Lodi ha anche lanciato un SOS a Do.Co.Mo.Mo., l’associazione internazionale per la documentazione e la conservazione degliedifici e dei complessi urbani del Movimento Moderno.       

Chi semina strade raccoglie traffico

“Chi semina strade raccoglie traffico” non è solo un bel titolo mutuato, pari pari, da uno slogan del Comitato No Tem-Si Metrò ma una profonda verità, facile da constatare per ognuno nella propria realtà quotidiana. Un paradosso solo apparente ma che descrive bene un circolo vizioso che produce asfalto, cemento, consumo del territorio e profondi danni alla salute di tutti noi. Il Lodigiano, per restare a casa nostra, è minacciato da due progetti di enorme portata: la T.E.M. e la costruzione della quarta corsia dell’Autosole. Progetti più o meno inutili, destinati anzi ad aggravare i problemi che fingono di risolvere ed utili solo agli appetiti delle imprese che su tali opere lucrano.

Domenica 9 Ottobre, alle 15.00, a Casalmaiocco i Comitati No Tem hanno indetto una manifestazione, l’ennesima per tentare di fermare un’opera che avrà effetti devastanti. Invito chi legge il blog a a partecipare. Ecco il comunicato che convoca la manifestazione

Sono arrivati in piena estate, come un rullo compressore.
Il mais sarebbe stato maturo a breve, ma è stato tagliato senza sentir ragioni, per procedere ad una presunta bonifica da ordigni bellici dei terreni di Casalmaiocco e Vizzolo, interessati dall’Autostrada TEM.
Questo il loro biglietto da visita. Questo il loro modo irrispettoso e prepotente di prendersi il territorio, fuori e dentro il Parco Sud Milano, che nella loro logica non è un Bene Comune da valorizzare, ma qualcosa da saccheggiare per far cassa.
Se questa è la loro idea di progresso, è superata nei fatti dalla crisi che viviamo. Non saranno le colate di asfalto, previste in Lombardia, come altrove, a portarci fuori da questo tunnel!
Contro questa visione miope ed egoista, che non porta sviluppo, ma distruzione, inquinamento e precariato, invitiamo tutti i cittadini, i comitati, le associazioni, i lavoratori ed i sindacati, le istituzioni e i politici coraggiosi a partecipare alla grande manifestazione.
Salviamo il nostro territorio, lottiamo per il nostro futuro.

Per chi arriverà in treno sarà disponibile un servizio navetta dalla fermata della linea S1 di San Zenone.

 

Decathlon a Pieve Fissiraga? “Attila”, un premio conteso

La competizione si fa serrata. Dopo il Comune di Massalengo con il suo progetto di insediare l’ennesimo Centro Commerciale nell’area ex Madital, ecco spuntare l’ipotesi, made in Pieve Fissiraga, di realizzare un punto vendita della catena Decathlon sulla provinciale 235, nei pressi del casello autostradale. Anzi, qualcosa di più di un’ipotesi visto che il terreno su cui si dovrebbe costruire è già stato recintato. L’annuncio ha già aperto un contenzioso tra la Provincia di Lodi, nella figura dell’Assessore Capezzera che, oltre ad avanzare alcuni rilievi di ordine procedurale, rivendica giustamente un ruolo di pianificazione in scelte destinate ad avere un impatto estremamente vasto sul territorio ed il Comune che per bocca del Sindaco parla di… “…rilancio del territorio e spinta all’occupazione…”. Niente di originale, anzi più o meno le stesse motivazioni portate dal proprio collega di Massalengo. A  tal proposito,  riguardo all’ impatto dell’opera (la S.P. 235 non è meno congestionata della 23, anzi), alle prospettive occupazionali e per alcune considerazioni generali, si possono ripetere quasi pari pari le considerazioni fatte solo un paio di mesi fa a cui vi rimando. Solo qualche piccola aggiunta:

1) Il Sindaco di Massalengo si rifà al centro-destra, a differenza della sua collega di Pieve Fissiraga che fa invece riferimento al centro-sinistra. Il problema è che dicono cose, e le progettano, pressochè identiche  e questo la dice lunga sull’attuale stato della politica e la sua capacità di pensare e ipotizzare uno sviluppo ed un futuro capaci di non ripetere errori e guasti del passato. Del resto non possiamo ignorare che viviamo in un paese in cui un’opera inutile, costosa e devastante come la TAV (su cui tornerò a breve) è appoggiata, senza alcuna distinzione, dalla totalità delle forze politiche presenti in parlamento ma da una percentuale ben più piccola (forse una minoranza?) della popolazione italiana. Nei giorni scorsi se qualcuno avesse provato a seguire l’audio delle diverse trasmissioni televisive sull’argomento TAV senza vederne le immagini, nella sagra di commenti muscolari che enfatizzavano il pericolo violenza e paventavano un nuovo “rischio terrorismo” non avrebbe colto nessuna differenza tra un esponente del PD ( la vergognosa esibizione di Bersani a “Servizio pubblico”) ed uno del PDL (l’altrettanto becera apparizione del Piduista Cicchittoa “Piazza pulita”);

2) L’Assessore Capezzera, come si ricordava sopra, evoca giustamente la dimensione sovracomunale dei problemi e la necessità di una pianificazione su ampio raggio. Il problema è che di questa necessità si sente parlare da tempo, anche in questo caso da schieramenti politici di colore diverso, e che bisogna constatare che l’adozione di strumenti spesso “venduti” come efficaci misure per impedire fughe in avanti da parte dei singoli enti non ha, fino ad ora, fermato nè un progressivo, e devastante, consumo di uno dei territori più fertili d’Europa, nè la realizzazione di progetti di forte impatto sull’ambiente e sulla popolazione;

3) Ricordando che negli ultimi 10 anni, in Lombardia, solo in Provincia di Pavia si è consumato più territorio che in quella di Lodi, dove ogni anno si cementifica o asfalta una quantità di suolo pari a 10,1 mq. per abitante, suggerisco una parola tabù: “moratoria” o, detto in altri termini “cemento zero”. Tutt’altro che un’utopia in una fase storica in cui il problema della salvaguardia di suolo fertile rappresenta  un’emergenza ed in un territorio che presenta vastissime aree industriali dismesse e migliaia di alloggi sfitti od invenduti.  Del resto utopia e futuro, come raccontava Oscar Wilde, sono separati solo dalla capacità di immaginare realtà diverse. Qualità che sembra mancare ai nostri Sindaci ed a gran parte della classe politica italiana

Una carta del mondo che non contiene il Paese dell’Utopia non è degna nemmeno di uno sguardo, perché non contempla il solo Paese al quale l’Umanità approda di continuo. E quando vi getta l’ancora, la vedetta scorge un Paese migliore e l’Umanità di nuovo fa vela.   Oscar Wilde, 1891

Massalengo: venghino, siori e siore, venghino

Non so se ancora esista, ma qualche anno fa le Associazioni ambientaliste conferivano ogni anno, a livello nazionale, il “Premio Attila” a chi si distingueva per azioni che danneggiavano l’ambiente. E’ fuor di dubbio che se tale premio dovesse essere conferito a livello lodigiano uno dei candidati  papabili sarebbe il Comune di Massalengo già distintosi in passato per scelte e decisioni fortemente discutibili sotto il profilo ambientale e per la pervicace convinzione che il termine”sviluppo” si debba necessariamente coniugare con “insostenibilità”. Basti ricordare la vicenda della realizzazione  della maxi logistica presso la cascina Postino, la richiesta – per il momento ferma – di un suo ampliamento, diversi interventi di carattere residenziale ed immobiliare. Ora ecco arrivare l’ipotesi della realizzazione di un Centro commerciale nell’area ex Madital, il tutto sostenuto dalla convinzione che tale intervento, così ci fa sapere il Sindaco Papagni, “…sarebbe una storica occasione di rilancio per il paese oltre che una risposta in termini di posti di lavoro, sia maschili che femminili…”. Al sindaco, pur nella convinzione che difficilmente riusciremo a scalfire le sue granitiche ed un poco ottuse certezze, mi permetto di far presente alcune questioni:

1) Il lodigiano ha sicuramente bisogno di molte cose: servizi, strutture, occupazione, cultura. Se ce n’è una di cui non si avverte la mancanza sono nuovi Centri Commerciali. Siamo una delle zone d’Italia in cui esiste il rapporto più alto tra metri quadrati di grande distribuzione commerciale e numero di residenti. Quarti in Lombardia, preceduti solamente da Sondrio, Mantova e Brescia. La bellezza di 330 m2 di centri commerciali, ipermercati, discount etc. ogni 1.000 abitanti. Pensare, in tempi di forte crisi economica, di aggiungere nuove strutture è singolare quanto demenziale;

2) Qualche giorno fa “Il Cittadino” ha pubblicato un bel servizio sui molti esercizi commerciali chiusi in Corso Roma, la tradizionale via dello struscio lodigiano. Un panorama sempre più visibile nei centri urbani, anche lodigiani, e legato almeno in parte agli effetti della presenza della grande distribuzione, che tende a penalizzare i piccoli esercizi. A confutare quanto afferma il Sindaco di Massalengo sull’occupazione che tale insediamento produrrebbe  basti citare  quanto apparso su “La Stampa” del 21/10 dove il Presidente di Confesercenti di Asti, Mauro Ardissone, dati regionali alla mano,  spiega che per un posto di lavoro della GD si sottraggono 2,5 posti al commercio tradizionale;

3) La Provinciale 23, oggetto di svariati interventi di ampliamento e messa in sicurezza anche recenti, proprio a causa dei sconsiderati insediamenti consentiti dal Comune di Massalengo e del forte transito di mezzi pesanti è già considerata un’arteria sotto stress. E’ indubbio che un insediamento commerciale con quelle caratteristiche non potrebbe che aggravare tale situazione ed avere un impatto negativo su larga parte delle arterie lodigiane;

Per farla breve: il progetto, o meglio l’intenzione, è frutto di logiche sorpassate, completamente sbagliato nei presupposti ed avrebbe pesanti ripercussioni in termini generali (viabilità, inquinamento, strutture) sull’intero lodigiano. Sarebbe auspicabile che alcuni Amministratori, Comune di Massalengo in testa, cominciassero a capire che i problemi dei paesi e delle città che gestiscono vanno al di là dei confini del proprio comune e non sono più, ma in realtà non lo sono mai stati, risolvibili con logiche da orticello. Costituirebbe davvero il primo passo per poter ipotizzare vie d’uscite da una crisi che, prima che ogni altra cosa, sembra frutto dell’incapacità anche solo di immaginare un futuro diverso

Classifiche ed Assessori: gioie e dolori

Non ho una  particolare passione per graduatorie e statistiche e, d’altronde, non leggo quanto emerge dalle varie classifiche come il distillato delle Tavole della Legge. Trovo che lo sguardo che gettano sulla realtà sia forzatamente parziale e che tale parzialità spieghi anche esiti che risultano, tra loro, contraddittori. Se la visuale in cui ci si pone è limitata basta ruotare di qualche grado lo sguardo perchè il panorama cambi anche radicalmente o modificare qualche criterio d’indagine per avere esiti completamente diversi.  Per capirci: ogni volta che vedo la città di Lodi ai vertici delle classifiche tra le città “amiche dei ciclisti e della bicicletta” mi  pongo seri problemi sulla serietà dei criteri usati ( i 3 investimenti di ciclisti di questi ultimi giorni la dovrebbero dire lunga sullo stato delle cose).  Detto questo credo che l’utilità di alcuni di questi strumenti di indagine, soprattutto per la loro capacità di sensibilizzare amministratori ed opinione pubblica,  sia indiscutibile:  basti, ad esempio, pensare a quanto hanno pesato sull’opinione pubblica le campagne di “Goletta Verde” o quelle di “Mal’Aria”, entrambe promosse da Legambiente. Ciò che però proprio non amo sono le acrobazie  che spesso politici ed amministratori pubblici fanno nello stiracchiare i risultati di queste indagini, passando spesso dall’esaltazione  – nel caso i risultati siano per loro positivi – all’irrisione nel caso gli esiti non siano del tutto lusinghieri. L’ultimo caso, tutto lodigiano, è quello nato attorno ai risultati della graduatoria sui “Comuni ricicloni”. La città di Lodi, come ho già avuto modo di far notare nel post ” Lodi. Il comune riciclino. Quando riciclare non fa rima con nuotare“, non è mai comparsa, e così continua a fare, tra i Comuni virtuosi  semplicemente perchè virtuosa non  è.  A dirlo non sono io, le classifiche di Legambiente o qualche altra associazione, ma il fatto che Lodi non rispetta le percentuali di raccolta differenziata che la legge prescrive e che dovevano essere del 50% nel 2009 e  del 60% nel 2011. Dato che a Lodi la raccolta differenziata risulta attualmente – a fine 2011 – a meno del 50% non si può che riconoscere l’oggettività del dato e come esso finisca,  in quanto tale, per rispecchiarsi anche nelle classifiche  che Legambiente, nella persona di Sergio Cannavò, ha giustamente commentato rilevando difficoltà innegabili. Purtroppo l’Assessore all’Ambiente del Comune di Lodi, Sergio Uggetti, se ne è avuto a male e così ha tuonato: “… con tutto il rispetto, non sentiamo davvero la necessità di essere promossi da Legambiente: il giudizio che conta, e a cui l’amministrazione guarda con attenzione ogni giorno, non una volta ogni 5 anni, è solo quello della città. Legambiente avrebbe potuto riconoscere l’impegno ed i buoni risultati della città anche in questo campo (oltre che su molte altre tematiche ambientali come energie rinnovabili, piste ciclabili, pianificazione urbanistica, che vedono Lodi distinguersi, in alcuni casi su livelli di eccellenza nazionali, segnalati, a proposito di “classifiche”, anche nel rapporto Eco Sistema Urbano), invece ha voluto fare una “pagella” che non tiene conto dei dati reali (…)  tutto questo appare una valutazione un po’ superficiale, che comunque non farà certo desistere l’amministrazione comunale ed i lodigiani dalla volontà di lavorare giorno per giorno per rendere sempre migliore la nostra città. Nel frattempo, Legambiente può tranquillamente continuare a stilare graduatorie e distribuire promozioni e bocciature: buon lavoro…” Peccato che l’Assessore in altre occasioni sembrasse invece apprezzare le classifiche. Sentite un pò che diceva, solo nel mese di Ottobre, proprio a proposito della citata ricerca sull’Ecosistema Urbano 2011 (promossa peraltro da Legambiente! ): “… anche se non siamo inclini all’autocompiacimento, l’amministrazione comunale desidera sottolineare il quadro molto positivo delle politiche ambientali promosse nella nostra città che emerge dall’indagine sull’Ecosistema Urbano di Legambiente. Non si tratta di discutibile vanità, perché i nostri motivi di soddisfazione non sono legati al “prestigio” dei primati nelle graduatorie di alcuni degli indicatori della ricerca o della buona posizione nella classifica generale (in cui si attribuisce a Lodi il 9° posto tra i 45 capoluoghi di Provincia con meno di 80.000 abitanti ed il 23° posto assoluto tra i 104 capoluoghi di Provincia italiani), quanto della constatazione oggettiva degli importanti risultati conseguiti in particolare in settori nei quali l’amministrazione ha investito molto negli ultimi anni, in termini economici, organizzativi e di innovazione dei servizi…

Sarebbe bello, e costituirebbe un segno di maturità della politica, che le classifiche venissero prese, senza particolare suscettibilità e senza ricorrere ad equilibrismi, per quello che sono: stimoli di cui tenere conto e su cui, tra le altre cose, programmare gli interventi futuri e non, come sembra accadere, medaglie da attaccarsi sul petto quando se ne ha l’occasione

Distributore di Viale Dalmazia 2: piccoli dubbi crescono

Giusto per non fare finta di nulla. In calce testo della lettera inviata a “Il Cittadino”  il 18 Ottobre

Del Comune di Lodi molte cose possono essere dette ma non che non sia estremamente attento alla comunicazione. Mi sarei quindi aspettato che la lettera del Sig. Siviero, apparsa su “Il Cittadino” dell’8 Ottobre e successivamente seguita da altri interventi sullo stesso argomento, ricevesse una risposta non solo rapida ma anche  capace di fugare le perplessità avanzate. Duole invece constatare che a distanza di 10 giorni  il slenzio regna sovrano.

Peccato, perché il problema sollevato – la sciagurata demolizione del distributore di Viale Dalmazia – e le  condivisibili e puntuali osservazioni del Sig. Siviero in merito ai pregi architettonici dell’edificio ed all’esigenza di tutelarlo e conservarlo nell’ambito di un intervento di ristrutturazione, avrebbero meritato una risposta più che circostanziata, anche in virtù di vecchie, ma mai smentite, dichiarazioni del Comune stesso.

Vale infatti la pena di ricordare che l’Assessore al Patrimonio Enrico Brunetti, all’interno di un comunicato stampa del Comune di Lodi del 23 Aprile 2010 dal titolo “Aggiudicata la concessione dell’ex distributore di Viale Dalmazia” affermava testualmente”… gli operatori privati che si sono aggiudicati la concessione dell’ex distributore – spiega l’assessore al patrimonio Enrico Brunetti – valorizzeranno l’immobile con una significativa ristrutturazione che lo rendera funzionale alle nuove esigenze adottando criteri costruttivi improntati al risparmio energetico…”.

Mi piacerebbe sapere, insieme al Sig. Siviero ed a molti altri cittadini,  cosa è cambiato da quella dichiarazione e rispetto a quegli intenti e perché quella pregevole struttura è stata completamente rasa al suolo, così come mi piacerebbe conoscere cosa diceva esattamente il bando di aggiudicazione dei lavori di ristrutturazione. Per capirci: siamo di fronte ad un mutamento di intenti dell’Amministrazione Comunale tradotto poi in conseguenti atti  amministrativi ( ed allora mi piacerebbe conoscere perché un immobile che veniva ritenuto meritevole di essere valorizzato sia stato completamente demolito)  od a lavori che vengono eseguiti in difformità rispetto a quanto previsto?

Nell’uno e nell’altro caso sarebbe utile che venissero date delle risposte pubbliche.

L’isola (pedonale) che non c’è

Lo confesso: mi ero illuso e credo non di essere stato il solo. Dopo la sperimentazione, effettuata a Maggio (per 30 giorni e limitatamente alla Domenica mattina) di una Zona a Traffico Limitato in Corso Adda (tratto tra C.so Umberto e V. S. Francesco) ed i lavori che hanno arricchito questa parte della città di un bel porfido ed un raffinato arredo urbano ero convinto che quel piccolo pezzo di via sarebbe stato incluso nella Zona a Traffico Limitato e restituito a pedoni, ciclisti, a quella che viene definita, a ragione, utenza debole. Del resto la scelta dell’arredo, del tutto omogeneo con quello che si sta realizzando in C.so Umberto, affiancato a verde sotto cui sostare e panchine su cui riposare, lasciava pensare a spazi pensati per la socialità, il riposo e la sosta (umana però, non delle automobili). Ma evidentemente, come dimostra il fatto che 15 anni di giunte di centro-sinistra non hanno ampliato di un  metro le aree di limitazione del traffico, il Comune di Lodi proprio non ce la fa. Corso Adda ha riaperto ma senza alcun provvedimento di limitazione del traffico: pedoni e ciclisti continueranno a rischiare di essere arrotati e mamme con bimbi al seguito continueranno a respirare pestilenziali gas di scarico. Per dirla senza mezzi termini: una bella cazzata ed anche, di questi tempi la cosa ha la sua bella importanza, un bello spreco potenziale visto il costo di porfido, panchine, oggetti di arredo urbano (centinaia di migliaia di Euro). Pensare che non vengano salvaguardati, insieme con i già citati pedoni e ciclisti, dal passaggio di auto, bus e mezzi pesanti non depone a favore del buon senso dei nostri amministratori che, tra le altre cose, sembrano anche non aver ancora capito – fuori dalle affermazioni generiche che si fanno nei convegni – che vorremmo non solo una città più bella, ma anche possibilmente più sana

  

Lodi, il Comune Riciclino. Quando riciclare non fa rima con nuotare

Due piccoli fatti  mi spingono a interrompere il silenzio agostano del blog. Non me me vogliano i miei tre affezionati lettori e mi perdonino se, con la crisi economica e le misure governative di macelleria sociale all’orizzonte, mi lascio andare a trattare argomenti meno impegnativi. Il fatto è che nel giro di pochi giorni, in modo personale e concreto, mi sono trovato a toccare con mano alcuni problemi riguardanti il sistema di trattamento dei rifiuti nella nostra città e mi sembra, l’aggettivo dato  il periodo ci sta,  che qualche riflessione a “caldo”  possa risultare utile. Una piccola premessa: più o meno a Gennaio di quest’anno un comunicato del Comune di Lodi informava del fatto che in città la raccolta differenziata dei rifiuti aveva raggiunto un record storico toccando la percentuale del 46,2%. A fine Luglio, conclusa la fase di sperimentazione di raccolta porta a porta nel centro storico, sempre il Comune informava che la percentuale – a fine Giugno 2011 – era salita al 49,3%.  Un progresso positivo, di cui rallegrarsi e sicuramente frutto delle innovazioni recentemente apportate al sistema di raccolta. Se si pensa però che nel 2004, ben 7 anni fa, la percentuale di differenziazione era del 41,6% occorre anche osservare, al di la delle  esigenze propagandistiche dell’ente e tenendo conto che il Comune ha goduto negli ultimi 15 anni di una assoluta continuità politica, che i miglioramenti sono stati molto,  forse troppo, lenti e che probabilmente qualcosa non va e parecchio deve essere ancora  cambiato e innovato. Osservazione corroborata da un confronto con i dati nazionali e con le disposizioni di legge (vedi i dati Legambiente 2011): Lodi non risulta tra i cosidetti “Comuni ricicloni” – quelli che oltrepassano il 50% di differenziata, quota che la legge dice doveva essere raggiunta nel 2009 ( sarà il 60% nel 2011) – e  non si può certo dire occupi una posizione lusinghiera nella varie classifiche che annualmente vengono stilate. Quindi: sforzi positivi ed apprezzabili ma molto resta da fare. Due piccoli esempi personali, che vogliono fungere da segnalazioni costruttive, per individuare alcune delle direzioni in cui molto modestamente, credo, sia possibile, forse doveroso, operare.

Primo esempio: da moderato (e grandemente imperfetto) pasdaran della raccolta differenziata tengo religiosamente da parte, come credo facciano in molti, ciò che non posso direttamente riciclare e non dovrebbe però finire nel cassonetto della spazzatura: legno, materiale elettrico ed altre cose preziose, finiscono così per soggiornare mesi in casa – fastidiosamente spostati di volta in volta causando microcrisi familiari al limite della separazione – in attesa che qualcuno di noi trovi il tempo per effettuare la consegna presso il Centro dell’Astem (che ha orari semi-impossibili per noi umani). Nei giorni scorsi, approfittando delle vacanze, trovata la mezzora fatidica, armato di spirito civico ed orgoglio ecologista, ho portato all’Astem la mia bella raccolta di materiali preziosi. Ho chiesto indicazioni ad uno degli addetti che ha esaminato il materiale e, una volta tolto un campanello rotto da bicicletta che ha probabilmente ritenuto riaparabile ed utile per il proprio velocipede, mi ha detto: “…butti tutto nell’indifferenziato…”. Ovviamente, così non ho fatto e ho suddiviso scrupolosamente i miei materiali tra i vari cassoni domandandomi, però, se questo è il tipo di assistenza ed indicazioni che vengono abitualmente fornite.

Secondo esempio: per la prima volta in questa estate qualche giorno fa sono riuscito ad andare ad una delle piscine comunali, quella della Faustina. Nonostante fosse pomeriggio tardi, la piscina era piena ed il bar frequentatissimo. In giro, cosa che avevo notato anche negli scorsi anni e non avevo mancato di fare presente a qualche amministratore comunale, neanche l’ombra di contenitori per la raccolta differenziata. Immagino che la stessa cosa valga per gli altri impianti comunali. Non so esattamente quanta carta, plastica, vetro, vengano buttati in un pomeriggio d’estate dalle centinaia di frequentatori di una piscina, ma ritengo sia una quantità consistente e penso che le piscine rientrino a pieno titolo tra quelle che si possono definire grandi utenze ed a cui andrebbe dedicata particolare attenzione. Perchè, tenendo conto dell’aggravante che la titolarità della piscina è dell’ente che ha il compito di provvedere alla raccolta differenziata, non prevedere nel contratto/convenzione con chi gestisce l’impianto che la raccolta debba non solo essere fatta rigorosamente, ma incentivata e promozionata ? Quale messaggio si da, quanto materiale viene in questo modo sprecato e potrebbe essere recuperato a costo zero? Accade la stessa cosa per altri grandi utenze?

Certo il problema è enorme e complesso e la mia personale convinzione è che andrebbe affrontato a partire da una riduzione ed un diverso utilizzo di materiali alla fonte e da un’attitudine a consumi più sobri e consapevoli, però i due esempi citati (molti altri si potrebbero fare) ci indicano che molte cose potrebbero essere fatte: estensione, incentivazione, migliore organizzazione e facilitazione delle raccolte di materiali che non siano solo quelli (carta, vetro, plastica) ormai tradizionalmente parte della raccolta, una seria riflessione sull’intero ciclo di raccolta, differenziazione e smaltimento, una maggior attenzione alle cosiddette grandi utenze soprattuto se queste, e questo è davvero imperdonabile e andrebbe sanato velocemente, appartengono all’ente che giustamente promuove il riciclaggio. Insomma, sarebbe bello che si cominciasse a far sapere alla mano destra quello che sta facendo la sinistra. Il resto, forse, andrà da sè     

Evasioni. Ich bin ein Terrorist

Lo confesso. Sono anche io un terrorista e lo dico, mutatis mutandis, come e con lo stesso spirito di orgoglio e condivisione con cui J.F. Kennedy pronuncio, nel 1961 di fronte al muro ed ai cittadini Berlinesi , la famosa frase “Ich bin ein Berliner”. Se fossi stato in Val Susa avrei tentato anch’io di rioccupare i cantieri dell’Alta velocità e, forse, se qualche lacrimogeno sparato ad altezza d’uomo mi avesse colpito o sfiorato, non avrei resistito alla tentazione di lanciare qualche pietra. Sono convinto che milioni di altri cittadini italiani, di fronte alla indecente canea velinara scatenata dai mezzi di disinformazione e distrazione di massa, sentano – come me – un’identificazione profonda con i cittadini della Val Susa in lotta contro la TAV  e con le loro ragioni. Lo dico da non violento convinto (e anche, permettetemelo, da figlio di un ex-poliziotto, cosa di cui sono sempre andato fiero), da persona che condanna decisamente atti che rischiano di confondere torti e ragioni, vittime e persecutori, che ritiene non solo che siano sbagliati tatticamente, ma che lo siano in sè. Ma un conto è condannare l’incapacità, o forse la momentanea mancanza di lucidità, nel contenere reazioni violente anche se provocate da interventi violenti delle cosiddette forze dell’ordine, un conto è il tentativo di  spalmare ed estendere l’accusa di violenza e terrorismo su una manifestazione di 70.000 persone, a cui si calcola abbia partecipato un abitante su due della valle  ed in cui erano presenti non fantomatici black block ma persone normali: donne, uomini, bambini, anziani. Altro che i ” globe-trotter” professionisti della violenza che ci vengono raccontati dai mass media, veri e propri fantasmi che come Madonne Peregrine vengono evocate, dai G8 in poi, per esorcizzare e delegittimare qualunque tentativo di dissenso di massa. Oggi la televisione mostrava le immagini della conferenza stampa in cui la polizia esibiva le “armi” dei manifestanti. Il pensiero è tornato a Genova, ai fatti della Caserma Bolzaneto e della Scuola Diaz, alla conferenza stampa in cui anche allora si mostravano le “armi” dei manifestanti salvo scoprire poi che a prepararle,  e a portarle sul luogo, erano stati gli stessi funzionari di polizia (successivamente per questo condannati). Le ragioni di chi sostiene quest’opera sono davvero scarse e molto deboli, quasi inesistenti ed il tentativo è evidente: spostare la discussione su un’altro piano, quello della violenza. Non credo che riuscirà, troppo profonde le ragioni dei NO TAV e troppo esteso,popolare ed intelligente il movimento perchè si faccia ingabbiare in questa trappola. Come dicono gli abitanti della valle: sarà dura.

A proposito: il Maroni che ciancia di terroristi è lo stesso che  è stato condannato, in via definitiva, per “oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale”. In gioco non c’era il futuro di un territorio ma una più prosaica perquisizione alla sede della Lega di V. Bellerio. Val la pena di ricordare che aveva morso un polpaccio ad un poliziotto: della serie “hanno avuto pane per i loro denti”. Riporto uno stralcio dell’episodio da Wikipedia:

“…l 16 settembre 1998 Roberto Maroni fu condannato in primo grado a 8 mesi per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. La Corte di appello di Milano il 19 dicembre 2001 ha confermato la decisione di primo grado riducendo la pena a 4 mesi e 20 giorni perché nel frattempo il reato di oltraggio era stato abrogato. La Cassazione nel 2004 ha poi confermato la condanna commutandola però in una pena pecuniaria di 5.320 euro. Per la Suprema Corte «la resistenza» di Maroni e degli altri leghisti «non risultava motivata da valori etici, mentre la provocazione era esclusa dal fatto che non si era in presenza di un comportamento oggettivamente ingiusto ad opera dei pubblici ufficiali». In modo particolare gli atti compiuti da Maroni sono stati ritenuti «inspiegabili episodi di resistenza attiva (…) e proprio per questo del tutto ingiustificabili…”

Una strada tira l’altra. No alla quarta corsia dell’A1

Ci avevano raccontato che la realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità Milano-Napoli avrebbe spostato traffico dalla gomma al treno e, con questo alibi, hanno realizzato un’opera che ha consumato quantità enormi di territorio, prodotti danni ambientali incalcolabili – leggete il bel reportage di Paolo Rumiz dal Mugello – e raddoppiato i costi previsti inizialmente. Le stesse cose le raccontano, senza grande successo, in Val Susa a proposito della linea Lione-Torino-Venezia, un’opera che non riusciranno mai a realizzare per l’irriducibile opposizione della gente della valle che, non in nome di una visione localista ma di una concezione alternativa dell’economia e dello sviluppo, sta combattendo una battaglia a difesa degli interessi nazionali collettivi. Ora, implicitamente, ci dicono che non era vero e, proiezioni sul futuro aumento del traffico alla mano, dopo la TEM, progettano la realizzazione di una quarta corsia dell’A1 tra il Casello di Melegnano e quello di Lodi. Un’opera inutile, destinata a consumare altri 18 ettari di territorio in un’area, che pur avendo i più produttivi e preziosi suoli agricoli del paese, è tra le più urbanizzate d’Europa. Giova ricordare, anche se un pò alla rinfusa, alcuni dati: l’Unione Europea ( http://ecf.europea.eu/enviroment/soil.sealing.htm ) ci dice che il Lodigiano è tra i territori più cementificati d’Europa e che l’impearmebilizzazione del suolo e il consumo di terreno agricolo procedono a ritmi insostenibili (in Lombardia nell’ultimo decennio La Provincia di Lodi ha, in quest’ambito, il tristissimo primato di essere seconda solo a quella di Pavia), ogni anno nella nostra provincia si cementifica o asfalta una quantità di suolo pari a 10,1 mq. per abitante, solo il Business Park  previsto a villa Igea- sostenuto da sinistra a destra, PD in testa – è destinato a “consumare” (senza tener conto delle opere indotte) oltre 370.000 mq di fertilissimo terreno ( pensate per visualizzarlo ad un’area grande come tutto il centro storico di Lodi). Pensate anche che, per rimanere nel Lodigiano, le aree dismesse nel frattempo rimangono tali e, dando invece uno sguardo a livello nazionale ed in materia di trasporti, ben il 90%delle merci viaggia su gomma, talvolta per portare inutilmente l’acqua minerale siciliana in Lombardia e, viceversa, l’acqua lombarda in Sicilia.

Occorre dirlo forte e chiaro: la quarta corsia dell’autostrada è un’opera inutile, legata ad una concezione criminale della mobilità (in Italia ogni giorno 14 persone muoiono per inquinamento da traffico)  che privilegia unicamente la gomma e la strada ed ha costi ambientali, economici e sociali intollerabili. Un modello che sta all’interno di un circolo vizioso che riproduce all’infinito congestione, traffico, inquinamento e sperpero di territorio e denaro pubblico. L’idea di rincorrere l’aumento di spostamenti su gomma costruendo nuove strade determina solo, ecco il circolo vizioso, ulteriore traffico e nuova necessità di asfalto. Occorre pensare a nuovi modelli, spostare il traffico merci su rotaia, privilegiare mezzi di trasporto collettivi ed alternativi, pensare a città costruite in modo diverso ed a territori concepiti diversamente. E’ chiaro che gli unici che hanno da guadagnare da questa opera sono quelli di sempre: chi costruisce e chi poi incasserà i lauti guadagni legati ai pedaggi. I costi, di tutti i tipi, come sempre verranno addossati alla collettività. La vittoria nei referendum sull’acqua ha reso evidente la crescita di una forte sensibilità verso quelli che possono essere definiti “beni comuni”; anche il territorio lo è: un bene comune, prezioso e irriproducibile, da difendere. Nel Lodigiano da tempo si sprecano dichiarazioni di politici, di tutti gli schieramenti, che parlano di difesa del territorio, di sviluppo sostenibile, qualcuno anche di “crescita zero”. Nel frattempo le case, le strade ed i capannoni continuano a mangiarsi il suolo. E’ ora di passare dalle parole ai fatti ed è per questo che rivolgo agli enti locali coinvolti (la Provincia di Lodi, i Comuni di Borgo S. Giovanni, Lodivecchio e Tavazzano, due governati dal centrodestra e due dal centrosinistra ) un appello: dite no ed opponetevi con tutti i mezzi a questa opera devastante, fatelo presto e con chiarezza senza rincorrere improbabili compensazioni. Ai cittadini il compito di organizzarsi e lottare. Se qualcuno fosse interessato alla nascita di un comitato può rivolgersi all’indirizzo mail noquartacorsia@gmail.com. Sarà contattato

Evasioni. Napoli: speriamo che il buongiorno non si veda dal mattino

A beneficio dei tre lettori del blog: sono sfrenatamente entusiasta dell’elezione di Pisapia a Milano, De Magistris a Napoli (ma anche di quelle di altri sindaci come Zedda a Cagliari), non solo per il risultato in sè ma anche per il processo con cui, a partire dal basso, si sono costruite le candidature, per il fatto che i successi di questi candidati hanno dimostrato quanto vuoto e dannoso sia stato il prolungato uso, a sinistra, del termine “moderato”, vera e propria palla al piede per qualsiasi ipotesi di sconfitta del berlusconismo e di costruzione di un’alternativa politica e sociale, per la capacità di questi candidati di intercettare una richiesta di cambiamento che carsicamente andava crescendo e che è sfociata successivamente anche nella vittoria dei referendum del 12 e 13 Giugno. Appunto: la stessa acqua, lo stesso fiume. Detto ciò a scanso di equivoci, va detto che se il buongiorno si vede dal mattino, i primi passi del Sindaco De Magistris a Napoli non sono del tutto incoraggianti. Qualche segnale c’era già stato in campagna elettorale: la promessa di portare in sei mesi la raccolta differenziata a Napoli al 70%, aveva suscitato più di una perplessità e qualche facile ironia. Per dirla in parole semplici: una inutile spacconata rinveratasi nel recente annuncio, naufragato sugli scogli di una dura realtà, che in cinque giorni la città sarebbe stata liberata dalla spazzatura. Certo, le  giustificazioni addotte da De Magistris sono tutte vere: la non collaborazione ed il boicottaggio del governo, quello forse ancora più efficace e pericoloso della camorra e delle altre organizzazioni criminali, la mancata collaborazione di altre istituzioni, tutte cose sacrosante. Però… però tutte queste cose erano e sono ampiamente prevedibili e parte ineludibile di un contesto come quello napoletano e nazionale, il fatto di averle sottovalutate indica non solo una capacità approssimativa di lettura della realtà, ma anche la difficoltà ad elaborare una modalità di gestione della cosa pubblica culturalmente e materialmente lontana dal berlusconismo, dalla sua necessità fisiologica di ricorrere a slogan, annunci e ad un rapporto con il corpo sociale improntato ad un demagogico populismo. Non se ne può più, non abbiamo bisogno di uomini (e donne) della provvidenza seppur di segno diverso, di novelli Rodomonte ma di sobrietà e di “uomini”  normali, seri, pazienti preparati e determinati. A fare il cambiamento sarà l’impegno quotidiano, lungo e difficile, a ricostruire un tessuto sociale sfaldato, a progettare i modi per dare gambe a nuovi modelli di partecipazione e voce a chi è stato ridotto al silenzio, in questi anni, non solo dai governi di centro-destra, ma anche da un centro-sinistra incapace di porsi in ascolto ed in sintonia con le richieste di cambiamento presenti  nella società. Speriamo che il vento non cali e sappia spazzare via le nuvole

Ne abbiamo pieni i polmoni. Z.T.L. in Corso Adda: chi non la vuole?

Torno, a distanza di qualche giorno, sulla questione dell’istituzione, in via sperimentale – limitata alla Domenica mattina e per un periodo di 30 giorni – di una Zona a Traffico Limitato nel tratto di C.so Adda compreso tra la fine di C.so Umberto e Via S. Francesco. L’occasione per tornare a scriverne è offerta dalle reazioni, in verità piuttosto scomposte, alla prima Domenica di chiusura. Due titoli, tratti dal Cittadino del 9 e del 10 Maggio, sintetizzano bene l’atteggiamento drastico del giornale: ” Macchè ztl, è una zona deserta“, il primo e “Corso Adda, quella ztl è da bocciare” quello successivo. Il tono degli articoli non è diverso: ci si dilunga sul numero di negozi aperti il pomeriggio della Domenica e nel numero del 12 maggio si intervista il segretario dell’Unione del Commercio che invita il Comune a fare sull’argomento, in buona sostanza, una bella marcia indietro (giusto per rimanere in tema).

Curioso: la validità dell’istituzione di una Zona a traffico limitato non viene giudicata dall’impatto sulla vivibilità di quell’area, dai suoi possibili effetti sulla salute degli abitanti e sulla riduzione del traffico e dell’inquinamento, ma dal numero dei negozi funzionanti  la Domenica pomeriggio (come se nel resto della città restassero aperti…) e dalle ricadute sul commercio della Zona a Traffico Limitato. Sarebbe come se si giudicasse l’utilità di un giornale, poniamo “Il Cittadino” stesso, non dal ruolo che svolge nell’ambito dell’informazione, ma da quante volte le sue pagine vengono utilizzate per pulire i vetri o per evitare che i tavolini ballino. Oddio, forse gli esempi in questione non sono quelli più adatti, forse  qualcuno potrebbe pensare che quelli indicati siano  davvero gli usi migliori per certa carta stampata (penso a fogliacci come “Libero” o “Il Giornale”), ma credo che il paragone renda bene il paradosso. Val la pena di ricordare quali dovrebbero essere gli obiettivi di misure di limitazione del traffico quali le ZTL, così come anche il vigente Piano Urbano per la mobilità del Comune di Lodi li descrive:  riduzione della pressione del traffico e dell’inquinamento relativo, riqualificazione ambientale, sostegno della mobilità ciclabile e pedonale. Se le cose stanno così, e non potrebbe essere altrimenti, cosa ci azzecca la conta dei negozi aperti la Domenica pomeriggio? Perchè il segretario dell’Unione del Commercio, quasi che la decisione di prendere provvedimenti di riduzione del traffico fosse un semplice appendice della strategia commerciale del Comune, viene ritenuto giudice privilegiato della bontà dell’esperimento? Perchè non chiedere il parere di pedoni, ciclisti, mamme con le carrozzine, anziani, disabili, la cui mobilità viene favorita da provvedimenti di questo genere? Perchè non ricordare che l’aria di Lodi, così come quella delle altre città lombarde fa schifo,  e che a Marzo erano già 35 i giorni di sforamento della soglia limite di PM10 o che per inquinamento atmosferico e polveri sottili si muore (16 persone al giorno in Italia),  e che il Comune ed il Sindaco in prima persona, quale ufficiale sanitario, hanno il dovere di prendere provvedimenti che tutelino la salute dei cittadini?  Forse accade perchè in realtà, in città, continua ad esserci chi le ZTL, le isole pedonali non le vuole ed “Il Cittadino” sembra essere tra questi. Non è possibile che in molti, tra cui il timorosissimo Comune di Lodi che non muove un passo in tal senso per paura di irritare i commercianti, continuino a considerare prioritaria, in modo del tutto miope ed artificioso, la tutela degli affari rispetto alla salvaguardia della salute. I commercianti di Corso Adda l’hanno compreso: le due cose possono camminare di pari passo. Speriamo che lo capiscano anche “Il Cittadino” e, soprattutto, la Giunta Comunale di Lodi e questa piccola parte di ZTL possa diventare , senza tentennamenti e velocemente,una realtà permanente per 365 giorni all’anno.

Putost che nient semper mei putost ?

Ricorrendo all’ italiano si potrebbe anche dire “…sempre meglio che due dita negli occhi”. Mi riferisco alla decisione del Comune di Lodi di chiudere, solo sperimentalmente (e che diavolo…),  la Domenica dalle 9.00 alle 17.00, il tratto di Corso Adda – non più di una cinquantina di metri – che va dalla fine di Corso Umberto a Via S. Francesco. Giusto! Bene… bravi? Bravi no, sarebbe troppo. Da decenni – le prime proposte risalgono addirittura alla fine degli anni ’70 – le associazioni ambientaliste chiedono, senza grande successo, di ampliare un’area pedonale che, come dimostrano i raffronti con altre città, lombarde ma non solo, è piuttosto risicata: 22 mq ogni 100 abitanti (dati 2010- fonte ACI/Legambiente) contro, ad esempio, i 126 mq. di Cremona, i 93 di Mantova, i 60 di Piacenza e i 41 di Pavia. Le amministrazioni si succedono, i colori politici cambiano ma a Lodi le Aree pedonali e le Zone a Traffico Limitato rimangono, più o meno, sempre le stesse. Del resto anche l’ultimo Piano Urbano della Mobilità (approvato nel 2008) rimandava a data da destinarsi il loro ampliamento. Ben venga quindi questa sperimentazione, che durerà 30 giorni e spero possa poi diventare norma, senza trascurare però il fatto che – raro e positivo caso – il timoroso Comune di Lodi, per prendere una decisione in tal senso, ha dovuto aspettare le richieste e lo stimolo dei commercianti di Corso Adda. In genere succede il contrario, i cittadini, le associazioni, propongono misure di pedonalizzazione e i commercianti resistono invocando le ragioni del commercio. Lodi, fino ad ora, non aveva fatto eccezione a tale regola. Evidentemente i tempi cambiano ed anche i commercianti di Corso Adda, che ringraziamo, si rendono conto che le misure di pedonalizzazione fanno bene, oltre che alla salute, anche agli affari. Forse sarebbe ora che anche il Comune di Lodi, da buon ultimo, se ne accorgesse.