Distributore di V.le Dalmazia. Il silenzio assenso

Sono ormai passate più di tre settimane dal post in cui chiedevo conto al Comune di Lodi di un possibile aumento di volumetria del “ricostruendo” ex-distributore di Viale Dalmazia ed una decina di giorni dalla pubblicazione della lettera  su “Il Cittadino” in cui, vista l’assenza totale di risposte da parte dell’ente, riproponevo lo stesso dubbio. L’anomalo silenzio del Comune, solitamente molto pronto a rispondere ad interrogativi – anche molto meno significativi – provenienti dall’opinione pubblica, mi fa pensare che si possa a ragione parlare di silenzio/assenso e che valga il detto ” chi tace acconsente”. Quindi presumo, e del resto ad occhio il procedere dei lavori mi sembra rendere sempre più alte le probabilità  che l’edificio possa non avere la stessa volumetria di quello che sorgeva precedentemente, che sia proprio così: la costruzione che sostituirà l’ex-distributore avrà dimensioni maggiori della precedente. Se le cose stanno in questo modo, ma spero ancora di essere smentito, trovo che  la questione sia, sul piano sostanziale e sul piano della trasparenza amministrativa, di non poco conto (parliamo di rispetto delle regole, di chiarezza nei confronti dell’opinione pubblica, di uguaglianza dei cittadini e degli operatori economici nei confronti delle norme, di mancata tutela di un immobile significativo sul piano architettonico e della storia, seppur recente, della città) e lasci intravedere un bel pasticcio. Parliamo di una costruzione inizialmente ritenuta meritevole di ristrutturazione e valorizzazione (vedi dichiarazioni del’Assessore Comunale al patrimonio), che improvvisamente, e con un mutamento di orientamento mai seriamente motivato, non viene più valutata come degna di conservazione e che viene improvvisamente abbattuta ma che, così si affermava nelle diverse dichiarazioni dell’Ente, avrebbe dovuto essere ricostruita con le stesse caratteristiche. Mai nessun accenno ad un possibile aumento di volumetria. Una vicenda piuttosto sconcertante e che fa sorgere molti interrogativi: perchè questo pasticciare confondendo ristrutturazione e ricostruzione per poi consentire, se il dubbio avanzato è reale, la realizzazione di qualcosa di sicuramente diverso? Cosa dicono gli atti ufficiali e soprattutto cosa consente la concessione edilizia? I lavori che sono in corso di esecuzione sono legittimi e regolarmente autorizzati? Sono stati rivisti gli accordi economici con la società, “Rosa dell’Arno”, titolare dei lavori? Se il bando originario parlava di un intervento di ristrutturazione (dettagliando gli interventi minimi da eseguire) è ancora valida un’aggiudicazione che ha poi consentito un approccio completamente diverso?  Chissà che questa volta qualcuno si senta in dovere di rispondere e chiarire i dubbi e che magari qualche Consigliere od Assessore comunale,  spesso solerti su vicende di ben minore spessore, si faccia carico di fare un pò di chiarezza sul piano istituzionale 

      

Lascia un commento